Filippo Inzaghi non è elegante, non è potente, non è un virtuoso. Non è nemmeno un generoso mangiachilometri alla Gattuso, idolo delle folle per l’impegno e la dedizione. Capita spesso, anzi, che passi un’intera frazione di gioco senza dare consistenti segni di vita. Quando poi si tratta di sgomitare in area di rigore il nostro è, gradasso e mentitor senza vergogna, un cascatore tra i più impenitenti e plateali in circolazione. Perfino il suo soprannome – Superpippo – fa pensare che in fin dei conti sia una presa in giro, e che lo sappia pure, di non essere un eroe vero.
Nelle discussioni da bar sport capita spesso di sentirla, la parola definitiva, quella che separa i campioni dai mortali. Scarso. Filippo Inzaghi è scarso, dicono quelli che non sanno. Filippo Inzaghi ha culo, ripetono, forti della propria stolida cecità, gli esteti delle partite perse. La verità è un’altra. Filippo Inzaghi è il migliore in quello che fa, e quello che fa non è piacevole. Inzaghi è un agente segreto. Un killer in missione sotto copertura nell’area di rigore avversaria. Come il killer perfetto Pippo sa sempre, in ogni momento, due cose. Dove si trova il bersaglio: la porta. E dove si trova l’arma: il pallone. Il resto è solo un altro lavoro da fare, noiosa routine. Come il perfetto agente sotto copertura ha la capacità naturale di non dare nell’occhio. Mentre tutti gli sguardi si fissano su quel boyscout elegantone di Shevchenko, Pippo, detto the Jackal, è già alle spalle del difensore, pronto a sfruttare ogni minima distrazione per impossessarsi dell’arma e colpire. One shot, one kill. Come un grande maestro di arti marziali, Inzaghi nasconde sotto un fisico ordinario dei riflessi fenomenali, che gli permettono di arrivare per primo sulla palla, e di colpire a ripetizione in caso di pali, respinte, rimpalli, errori propri o altrui. Il lungo infortunio che lo aveva colpito sembrava definitivo, ma lui è tornato dall’oltretomba, come Jack Bauer. Lo spettrale Pippo. I difensori, e soprattutto i portieri, lo temono come pochi altri. Sanno che, se commetteranno anche un solo errore, in qualunque momento, lui sarà lì ad approfittarne. Sanno anche che, quale che sia la natura dell’errore, faranno una figura da fessi. Venire messi a sedere da una finta di Totti è un conto, ma l’attimo di esitazione concesso a Inzaghi, con la palla che rimbalza in rete con traiettorie apparentemente assurde, è roba da crisi di nervi. Ai prossimi mondiali ci auguriamo che sulla panchina dell’Italia venga installato un pulsante rosso, con scritto a caratteri belli grandi: in caso di emergenza, butta Pippo nella mischia. Perché se puoi mantenere il senno mentre tutti attorno a te lo stanno perdendo e danno a te la colpa, allora sei Pippo Inzaghi, e stai per segnare un gol.