Da almeno vent’anni è in corso in Italia e in Europa un acceso dibattito sul diritto d’autore, che ritorna di particolare attualità in questi giorni con la polemica sul cosiddetto equo compenso per la copia privata. Alla base c’è la cronica mancanza nel nostro paese di una visione complessiva della filiera produttiva e industriale della creatività, anche in rapporto al mercato digitale. L’equo compenso per la copia privata è un indennizzo forfettario che i produttori di tecnologie che consentono di riprodurre e copiare contenuti (chiavette Usb, smartphone, computer, tablet, decoder, e così via) devono pagare per legge agli autori e agli altri titolari dei diritti di sfruttamento di quegli stessi contenuti, a fronte della possibilità per i consumatori di riprodurre e copiare, per uso personale, musica, video, film, libri e altre opere protette.
La polemica di questi giorni nasce dall’appello che il mondo della cultura ha rivolto al ministro Franceschini affinché si approvi il decreto per l’aggiornamento delle tariffe del compenso per la copia privata. A tale aggiornamento sono invece contrarie le associazioni dei produttori e dei distributori di tecnologie che, insieme ai consumatori, considerano l’equo compenso una tassa. Si deve ammettere che, pur non trattandosi di una tassa né di un’imposta, di fatto, il meccanismo dell’equo compenso grava sui consumatori perché può determinare un aumento del prezzo finale delle tecnologie.
La questione centrale è se sia più sensato continuare sulla strada dell’aumento dei costi della produzione, distribuzione e commercializzazione dei contenuti in maniera frammentaria e senza una logica di sistema, invece di chiedere ai soggetti coinvolti nell’intera filiera industriale della creatività – comprese le major della tecnologia – di investire di più sul lavoro, sulla produzione e sull’innovazione, per esempio a fronte di sgravi fiscali. Questa considerazione non può prescindere dalla presa d’atto che le norme sul diritto d’autore oggi non sono più adeguate a tutelare efficacemente il lavoro dei creativi e degli autori, anche a causa della progressiva smaterializzazione dei prodotti della creatività e della complessità del sistema produttivo. Perciò il focus dell’azione politica e del governo si dovrebbe spostare, concentrandosi sulla centralità del lavoro nella produzione dei contenuti, a cominciare dal suo concreto riconoscimento giuridico, e adeguare in quest’ottica la normativa sul diritto d’autore.
C’è poi il tema della mancanza in Italia di vere ed efficaci politiche di sviluppo industriale. Le innovazioni tecnologiche e la rete hanno generato un aumento delle possibilità e delle forme di consumo e di accesso ai contenuti; ma anche le opportunità di creare, di produrre e di commercializzare i contenuti si sono ampliate, diversificate. L’Italia ha investito su queste opportunità? Il sistema industriale ha cercato di adeguarsi e di crescere attraverso l’innovazione tecnologica, o invece ha tentato di difendersi dai presunti attacchi dei nuovi competitori apparsi sul campo di gioco? E lo stesso vale, di conseguenza, anche per le cosiddette collecting, le società che, come la Siae, raccolgono e redistribuiscono i proventi del diritto d’autore ai loro legittimi proprietari. L’Unione europea discute dal 2012 una direttiva finalizzata a rendere più omogeneo il sistema di concessione delle licenze per i diritti musicali online e il funzionamento e la cooperazione tra le società di gestione collettiva dei diritti, anche in relazione agli operatori che forniscono i contenuti su internet.
L’Italia dovrà riconsiderare le norme nazionali sul collecting, anche per la contraddizione esistente tra il monopolio esercitato per legge dalla Siae sui diritti d’autore e l’avvenuta liberalizzazione della gestione collettiva dei diritti connessi di artisti, interpreti ed esecutori. L’Italia ha bisogno di politiche e di alleanze che contribuiscano alla crescita della filiera creativa, che mettano in circolo nuove risorse, che favoriscano gli investimenti nell’innovazione, che aumentino le opportunità di accesso e di consumo legale delle opere e dei contenuti protetti, che permettano la redistribuzione equa dei proventi dei diritti. Invece di combattere una battaglia con lo sguardo rivolto al passato, sediamoci intorno a un tavolo per costruire un sistema industriale della creatività plurale e competitivo, che guardi al futuro.