Le scissioni, si dice, sono parte della storia della sinistra italiana. Anzi, ne sono proprio la storia. Dalla scissione di Livorno in poi comunisti e (soprattutto) socialisti sono andati avanti di divisione in divisione, tra cui non poche all’origine di partiti di cui non si è sentito parlare mai più. Ma sarebbe un errore pensare che solo noi italiani di sinistra siamo in grado di generare scissioni a ripetizione. Il mondo è pieno di scissioni originali. Una delle migliori è la scissione alfabetica.
La scissione alfabetica è largamente praticata nel subcontinente indiano. A occhio non è una scelta particolarmente intelligente, il sistema elettorale uninominale secco ereditato dagli ex colonizzatori britannici consiglierebbe di non dividersi, ma a quanto pare nemmeno lì sono riusciti a creare questo elettore antropologicamente maggioritario. Per esempio il Partito comunista indiano, detto Cpi, a un certo punto della sua storia si trovò preso tra due fuochi: stare con i cinesi o con i sovietici, che in quel momento tra di loro non si amavano granché? La divisione ovviamente non era facilmente sanabile, così nel 1964 i filocinesi se ne andarono fondando il Cpi (M), dove la M sta per marxista, cosa che il solo aggettivo comunista evidentemente non garantiva a sufficienza. I due partiti vivono entrambi tuttora, anche se il marxista è andato molto meglio e ha governato il Bengala occidentale per decenni, ma anche l’altro ha ancora seguito e deputati.
Una scissione a sinistra non è una gran notizia, ma in India, diversamente da qui, si dividono anche i conservatori. Lo Janata Dal, partito nato da una fusione di varie forze che si opponevano a Indira Gandhi e al suo Congresso, è stato il partito dominante del centrodestra indiano negli anni ottanta, centrodestra un po’ sui generis va detto. Dopo aver vinto un paio di tornate elettorali, è andato pian piano in frantumi non per ragioni ideologiche ma più che altro etniche, che in un posto con qualche centinaio di lingue è anche comprensibile. Il primo ad andarsene è stato lo Janata Dal (S), cioè quello secolare, seguito dallo Janata Dal (U), unito, che segue una radicata tradizione degli scissionisti di tutto il mondo di darsi nomi antifrastici. Ci sono anche un paio di fazioni che non hanno preso un nome alfabetico, ma gli elettori ne hanno giustamente diffidato e non hanno seggi nel Lok Sabha.
I campioni dello scissionismo alfabetico sono però i vicini pachistani. Il Pakistan all’inizio della sua storia elettorale aveva un solo partito conservatore importante, la Lega musulmana pachistana, Pml, che si contrapponeva al riformista Partito del Popolo. La Pml già nel 1985 perse un pezzo, quello di Nawaz Sharif, che divenne Pml-N. Da questi, nel 1999, se ne andarono quelli della Pml-Q, dove Q sta per Quaid-i-Azam, soprannome di Ali Jinnah, il padre della patria. Nel frattempo, nel 1985, zitti zitti si erano scissi anche quelli del Pml-F, dove F è per funzionale, forse il nome più spettacolare mai dato a un partito. Nel 2002, infine, ma non è detto che sia la fine, la Pml-Z, da Zia, l’ex dittatore. Q e Z hanno anche avuto un breve flirt, purtroppo durato pochissimo. Sono tutti e quattro in parlamento: N e F al governo, gli altri due all’opposizione. Come è già capitato per il sistema elettorale detto Bhutanellum, nei momenti di crisi politica forse l’antica saggezza dell’Hindustan potrebbe venirci in aiuto: andare via scegliendo una letterina da apporre al nome del partito, per esempio una J (come J-Ax), avrebbe sicuramente il suo impatto.