La decisione di Zapatero di ritirare immediatamente le truppe spagnole dall’Iraq segue di pochi giorni altre due decisioni di non minore rilievo: la decisione del presidente degli Stati Uniti George W. Bush di appoggiare il piano di ritiro unilaterale di Israele da una parte dei territori occupati e quella dello stesso Sharon di uccidere Rantisi, leader politico di Hamas, ad appena due settimane dall’eliminazione del leader spirituale Yassin. Attorno al Medio Oriente, si assiste dunque a una lugubre danza di riposizionamento tipicamente levantina, in cui è difficile stabilire quanto nelle posizioni di ognuno prevalga il tatticismo, quanto la preoccupazione per il consenso interno e quanto la logica della trattativa con la pistola sul tavolo.
L’esito è la radicalizzazione delle posizioni e un via libera ai fanatici di ogni schieramento. Sul ritiro deciso da Zapatero, le entusiastiche dichiarazioni di Prodi farebbero propendere per un’interpretazione in chiave tattica, leggendolo come una forzatura necessaria a mettere Bush con le spalle al muro e ottenere così la svolta multilaterale, con la benedizione dell’Europa e sotto la bandiera dell’Onu. Certo è una lettura molto ottimistica, ma se così fosse, se il ritiro preludesse all’invio di un altro contingente in una nuova e più adeguata missione internazionale, non potremmo che condividere e sottoscrivere la spregiudicata manovra spagnola. Ma non siamo affatto ottimisti, dunque non condividiamo e non sottoscriviamo.