Di fronte al concreto rischio che la nave coli a picco da un momento all’altro, molti comportamenti sono più che leciti. E’ lecito tuffarsi in acqua in preda al panico, accalcarsi sulle scialuppe di salvataggio oppure gettarsi nella stiva per tappare le falle. Il capitano e gli ufficiali possono ritenere, ragionevolmente, che non vi sia più nulla da fare per salvare l’imbarcazione e organizzare nel modo migliore la sua evacuazione, oppure possono concentrare i loro sforzi nel tentativo di mantenerla a galla. Quello che non è lecito, invece, è che una parte degli ufficiali abbandoni la nave e il resto dell’equipaggio perché loro lo avevano detto sin dall’inizio che la rotta era sbagliata, dunque tanto peggio per gli altri.
Questa è però la linea esposta con sconcertante franchezza da José Luis Rodriguez Zapatero in un’intervista apparsa giovedì sul New York Times (e domenica, parzialmente, su Repubblica). Di fronte all’escalation irachena, agli effetti a catena prodotti dalle scelte dell’amministrazione Bush in Medio Oriente e all’aggravarsi della crisi israelopalestinese, è lecito ritenere che non vi sia più nulla da fare e che sia meglio ritirare le truppe. Ma il capo del governo spagnolo non si è limitato a esporre questa semplice tesi. Innanzi tutto, alle ripetute domande su quale fosse il suo giudizio sulla situazione irachena, Zapatero ha fornito più volte un’unica risposta: la stragrande maggioranza degli spagnoli era contraria alla guerra. Alla domanda sul perché giudichi l’attuale occupazione un disastro, Zapatero ha risposto testualmente: “Il novanta per cento degli spagnoli era contrario alla guerra”. Al giornalista che insiste, chiedendogli perché lui – non il novanta per cento degli spagnoli – giudichi l’occupazione un disastro, Zapatero risponde ancora testualmente: “Per noi, dal punto di vista interno, la guerra è stata una cosa molto negativa. Ha significato una spaccatura tra il popolo e il governo… Ha messo la Spagna in una posizione in cui gli spagnoli non volevano stare”. Alla domanda se Bush dovrebbe chiedere scusa pubblicamente per le torture inflitte dai militari americani ai detenuti iracheni, infine, Zapatero ha risposto così: “Non sono un parlamentare americano. E ho abbastanza da fare a rispondere al mio parlamento”. Appunto. In uno slogan: io non c’entro. O se preferite, I don’t care.