E’ stato un errore seguire la strategia Rumsfeld della guerra leggera e supertecnologica, efficacissima nel rendere breve e incruenta la guerra vera e propria quanto nel rendere infinito e sanguinoso il dopoguerra; tuttavia anche la dottrina Powell della forza schiacciante e dei bombardamenti massicci avrebbe comportato prezzi altissime in vite umane e distruzioni materiali, con il forte rischio di compattare la popolazione e il mondo arabo in generale dietro il tiranno. E’ stato un errore la scelta di impiegare un numero relativamente basso di soldati sul terreno anche nella fase successiva, sottovalutando gravemente l’impegno che avrebbe richiesto la stabilizzazione; tuttavia anche un’occupazione pesante e una militarizzazione del paese avrebbero potuto creare non indifferenti problemi di consenso e rallentare il ritorno alla normalità. E’ stato certamente un errore sciogliere il Baath e applicare nel modo più radicale l’epurazione di tutti i funzionari compromessi con il regime, affollando le file degli insorgenti tanto di fior di soldati e agenti segreti, quanto di padri di famiglia bisognosi di soldi; tuttavia anche tenere al loro posto i volenterosi carnefici, aguzzini e sicari di Saddam non sarebbe stata una mossa molto accorta per garantire al nuovo governo il sostegno popolare, tanto più che la maggioranza degli iracheni è composta di Sciiti, vittime predilette delle crudeli persecuzioni del regime. La linea dura contro le città ribelli è stata ovviamente un errore, che ha alimentato la collera e lo spirito di rivalsa dell’intero paese, tuttavia la scelta di lasciare Falluja alle cure di un ex ufficiale di Saddam ne ha fatto una roccaforte del terrorismo e il prezzo che si continua a pagare per simili errori si conta in centinaia di morti e decine di ostaggi.
E se fosse stato un errore fare la guerra?