Alla politica italiana si affacciano da tempo, ma il loro momento è arrivato adesso. Il combinato disposto della crisi del governo Berlusconi e delle divisioni nel centrosinistra da un lato, della debolezza di Forza Italia e delle divergenze strategiche nella lista Uniti nell’Ulivo dall’altro, costituiscono per loro le condizioni ideali, diremmo quasi di laboratorio. Depurato di ogni perturbatrice influenza esterna, la politica italiana offre ora il suo tavolo asettico agli esperimenti più audaci. La vertiginosa moltiplicazione degli scenari di scomposizione e riaggregazione delle forze in campo – politiche ed economiche – presentati quotidianamente dai giornali offre il quadro d’insieme, come una gigantesca tela su cui ogni artistico ingegno passa a gettare il suo contributo, la sua creativa pennellata, la sua nuova macchia di colore. Il risultato è un quadro confuso e incoerente, ma non è questo che conta.
La nuova onda è arrivata e minaccia di travolgere gli attuali equilibri, perché questa è l’ora dei Perfezionisti. Il loro cavallo di battaglia è uno solo: la seconda Repubblica è morta o non è mai nata, dunque occorre invertire la rotta. Il loro argomento favorito è il fallimento del maggioritario, che non avrebbe mantenuto la promessa di garantire al paese stabilità e governabilità.
Eppure il governo Berlusconi ha superato da poco il record di longevità nella storia repubblicana, il campo del centrosinistra si è appena ricomposto in una forza riformista del 31 per cento, entrambi i poli si sono succeduti al governo garantentendo alternanza e ricambio nei gruppi dirigenti a tutti i livelli, riconsegnando ai cittadini il potere supremo di distribuire premi e punizioni, dopo cinquant’anni in cui tale prerogativa era stata loro negata dal bipolarismo bloccato della guerra fredda. Su quali basi analitiche è dunque possibile parlare di fallimento del maggioritario, che in questi anni ha permesso per la prima volta nella storia l’alternanza al governo? Su quali basi storiche è possibile parlare di fallimento di un sistema che dopo la primissima e certo infelice prova del ‘94, prima ha evitato – durante i governi dell’Ulivo – il continuo ricorso a elezioni anticipate, garantendo una relativa stabilità della maggioranza eletta nel 1996; quindi nel 2001, appena alla sua terza prova, ha permesso il varo del governo più longevo nella storia della Repubblica?
Le principali anomalie storiche dell’Italia sono state sensibilmente corrette: dall’ingovernabilità all’assenza di alternanza e ricambio (anche generazionale) a tutti i livelli, dall’esclusione di fasce sempre più consistenti dell’elettorato dalla rappresentanza effettiva (si pensi all’effetto indubbiamente positivo che lo scongelamento di Msi e Lega ha avuto per la democrazia, con il conseguente abbandono o marginalizzazione delle spinte più radicali) all’assenza di un moderno soggetto riformista, paragonabile alle forze che in tutta Europa contendono il governo ai conservatori. Non a caso i Perfezionisti di oggi, gli stessi che fino a un anno fa prevedevano l’egemonia della sinistra massimalista sull’intero centrosinistra, ora si dicono insoddisfatti di una forza del 31 per cento, moderna e riformista, che ha preso il posto di quello che nei loro apocalittici scenari avrebbe dovuto essere l’irresistibile ondata del radicalismo di sinistra. Non a caso i Perfezionisti di oggi, in nome della governabilità, si battono al fianco dei piccoli partiti che tentano di minarla alle fondamenta. In nome del bipolarismo che avrebbero tanto voluto ma purtroppo non c’è, attaccano ora i due principali soggetti che potrebbero sostenerlo: Forza Italia e il partito riformista.
Gli argomenti dei Perfezionisti non appaiono più solidi passando dalle forme alla sostanza. Dalla crisi del ‘92 e la stagione dei governi tecnici che guidarono l’Italia mentre le inchieste ne decapitavano la classe dirigente, con l’uscita della lira dallo Sme e il rischio di bancarotta dello Stato, il nuovo sistema ha garantito la tenuta del paese e il suo ingresso nell’Unione europea. I problemi di oggi, al confronto con quelli di ieri, sono bazzecole. E’ questo il bilancio di un fallimento?
A nessuno sfugge come l’attuale crisi di governo sia stata scatenata dal primo assaggio di elezioni con sistema proporzionale. Ma il partito dei Perfezionisti punta alla scomposizione del bipolarismo così come si è configurato in questi anni. Il proporzionale è solo uno strumento di pressione, non necessariamente l’obiettivo finale. Dalla Confindustria ai grandi giornali ai piccoli partiti, ricomincia il girotondo intorno al potere politico. Quel solco tracciato tra le due coalizioni rende il gioco più limitato e meno divertente, perché a tentare il salto si rischia di precipitare nel vuoto. Per questo in tanti hanno preso in mano la pala in questi giorni, affannandosi a riempirlo e cercando di seppellire lì sotto tanto il partito riformista quanto la leadership di Berlusconi. Ci danno dentro, olio di gomito e gioco di squadra, mentre intonano l’antico canto di ogni restaurazione italiana: “Si stava meglio quando si stava peggio”. Ma forse hanno fatto male i conti.
Vittime del loro stesso entusiasmo, i Perfezionisti hanno accelerato la crisi del governo oltre i loro stessi auspici e ora tremano all’idea di elezioni anticipate, perché in quel caso non ci sarebbe spazio né tempo per altri giri di valzer. Il solco rimarrebbe intatto e a scegliere chi debba governarli sarebbero ancora una volta i diretti interessati, come è giusto che sia.