I toni moderati del dibattito tra George W. Bush e John Kerry in materia di diritti civili (di cui scrive più dettagliatamente Paolo Guarino in Terza pagina) dicono che alla fine dell’illusione neocon – quella di un mondo liberal che si voleva autenticamente rivoluzionario e “di sinistra” nel suo bellicoso internazionalismo al seguito della Halliburton in Iraq e all’ombra di Guantanamo in patria – non seguirà nessuna resurrezione teo-con. In Europa, la penosa vicenda di Rocco Buttiglione testimonia l’isolamento delle posizioni oltranziste. Né appare probabile che Berlusconi si lasci tentare dalle poco avvenenti sirene del martirio di civiltà. A spingerlo in questa direzione sono circoli e ambienti che devono certamente avere ai suoi occhi un difetto assai peggiore dell’essere minoranza – che pure ai suoi occhi è già un difetto piuttosto grave – quello di sentirsi, volersi e proclamarsi minoranza, vedendo in questo non una condizione temporanea che occorre superare con più larghe alleanze, ma la prova della propria purezza incontaminata dalla decadenza dei tempi. Un vizio che la sinistra conosce bene e al quale ha pagato negli anni un prezzo salato. Ma Berlusconi è oggi un solido e pragmatico capo di governo, che ha candidato Buttiglione a Bruxelles per risolvere un concreto problema di gestione della maggioranza in casa, non certo per diffondere il Vangelo in Europa.
Il neotradizionalismo cristiano militante non stenderà la sua egemonia né al di qua né al di là dell’Atlantico, eppure questa influente minoranza rumorosa riflette un sommovimento profondo nella cultura della nuova destra, uscita trionfante dalle macerie del comunismo sotto la bandiera del liberalismo e poi finita clamorosamente fuori strada, a somiglianza di quei paesi arabi guidati sulla via della modernizzazione dai regimi post-coloniali, finiti ostaggio di minoranze integraliste ansiose di ritornare all’antico. Ritroviamo in entrambi i casi la stessa pulsione antimoderna, la stessa critica all’arido materialismo vuoto di princìpi (lo spiega bene Massimo Adinolfi nel suo elzeviro), la stessa domanda di senso al di là del formalismo giuridico e del delirio di onnipotenza che caratterizzerebbe i blasfemi costruttori della Città dell’Uomo. Per il pensiero jihadista socialismo e capitalismo, comunismo e liberalismo pari sono, accomunati dall’idea di potere rimettere il destino dell’uomo nelle sue proprie mani. Eredi della rivoluzione francese e del razionalismo, sono ugualmente responsabili della corruzione morale dell’Occidente, sono i figli di quella modernità in cui i fondamentalisti vedono l’originario peccato di ubris: il desiderio di sostituirsi alla divinità, edificando quella Città dell’Uomo che i dirottatori dell’11 settembre hanno voluto colpire in effigie e nella carne viva dei suoi rappresentanti sulla Terra. Così almeno secondo l’interpretazione di Ian Buruma e Avishai Margalit, nel loro fortunato “Occidentalism”. Un neologismo coniato per indicare il complesso di pregiudizi, nati e incubati tutti nell’Occidente opulento e sviluppato, che hanno nutrito le pulsioni antimoderne, in tutti i tempi e a tutte le latitudini, dei nemici della “corrotta democrazia borghese” (o semplicemente occidentale). A dimostrazione dell’assunto – e cioè dell’origine occidentale dell’occidentalismo – la pagina più illuminante su questa curiosa involuzione fondamentalista e antimoderna della nuova destra sta nel romanzo di uno scrittore britannico. Alla notizia dell’alleanza tra Hitler e Stalin, il capitano Guy Crouchback – cristiano devoto, fedele servitore di Sua Maestà, figlio legittimo e nostalgico dell’Impero britannico – non può trattenere un moto di gioia. Così Evelyn Waugh ne descrive il tormentato percorso interiore: “Aveva atteso con terrore l’entrata in guerra del suo paese, per le ragioni sbagliate, o per nessuna ragione, con gli alleati sbagliati, in condizioni di penosa debolezza. Ma ora, meravigliosamente, tutto era divenuto chiaro. Il nemico era finalmente bene in vista, enorme e odioso, gettata ogni maschera. Era la Modernità in armi. Quale che fosse l’esito, c’era posto per lui in quella battaglia”.
Fortunatamente l’alleanza tra Hitler e Stalin durò ben poco, la guerra fu vinta dal suo più pragmatico e non meno conservatore compatriota Winston Churchill, e il capitano Crouchback poté fare mestamente ritorno a casa per dedicarsi finalmente alla sua famiglia. Cosa che auguriamo di tutto cuore anche ai profeti armati dello scontro di civiltà, alle vittime di inesistenti persecuzioni anticristiane in Europa e a tutti noi.