Per Silvio Berlusconi comincia oggi una lunga serie di scontri decisivi. Il Premier deve affrontarli come una squadra in lotta per lo scudetto affronta le ultime settimane di campionato: come si dice in questi casi, ogni partita è una finale di Champions League. Ma contrariamente a quanto accade nel calcio, lo sfavorito è condannato a vincere. Si tratti del Messina o della Juventus, ogni sconfitta può essere esiziale. Con le suppletive di domenica e lunedì comincia l’infinita serie delle finali secche, dalle regionali di primavera alle politiche previste – posto che la maggioranza superi indenne le prime – nel non lontano 2006. Lungo il percorso, attendono l’approvazione della finanziaria, con l’incognita sul taglio delle tasse e le divergenti richieste degli alleati; la mobilitazione del sindacato non certo compensata dal debole sostegno di Confindustria; la comunque ingloriosa soluzione del caso Buttiglione (la cui bocciatura, pure assai improbabile, basterebbe a trasformare in una via crucis la sontuosa scenografia allestita a Roma per la firma della Costituzione europea). Come in un gigantesco castello di carte, basta un soffio per far crollare tutto. E se dal mazzo delle presidenziali Usa dovesse uscire il volto sorridente di John Kerry, per il governo italiano la situazione potrebbe farsi disperata. Ma può bastare molto meno.
Può bastare la vittoria di Roberto Zaccaria a Milano, per fare un esempio, perché nella maggioranza alla paura di perdere subentri la certezza della disfatta, liberando i suoi satelliti nel cosmo della politica in ogni direzione. Può bastare che alle prossime regionali, nel Lazio, la sconfitta di Francesco Storace e una contestuale buona affermazione della sua lista a scapito di An, porti alle estreme conseguenze le tensioni che già attraversano il partito di Fini. Può bastare il sette a zero accarezzato dall’opposizione in queste suppletive, possono bastare un paio di regioni strategiche strappate alla Cdl in primavera, può bastare un voto in più o in meno nell’ultimo dei collegi.
Ognuna delle sfide che attendono Berlusconi nei prossimi mesi rappresenta da sola una buona ragione per dubitare del fatto che il suo nuovo volto moderato, ritoccato da Gianni Letta più che da qualunque chirurgo, possa nascondere a lungo i segni del tempo e la tensione della battaglia. Il clima di unità nazionale che Berlusconi ha saputo incoraggiare e cavalcare durante la crisi degli ostaggi, difficilmente potrà mantenersi quando sarà il Primo ministro a sentirsi nella parte dell’ostaggio. Per il momento la cerimonia di Roma con la firma della Costituzione europea, salvo brutte sorprese sul caso Buttiglione, consigliano e impongono di conservare un profilo alto. Ma il richiamo della battaglia tornerà a farsi sentire alle orecchie del Cavaliere. A ogni scossa, nella Casa delle libertà si aprono crepe sempre più profonde e la poltrona del Premier riprende a ballare pericolosamente. L’opposizione serra i ranghi in vista della vittoria, come birilli ondeggiano ministri e alleati del Premier, il sorriso di Berlusconi è sempre più teso. Stavolta possono bastare sette collegi per fare strike.