Nelle sezioni dei Ds si è ormai cominciato a votare. La mozione di Piero Fassino si prepara a superare l’ottanta per cento, il correntone a evaporare e gli alleati della federazione dell’Ulivo a ricevere il forte impulso del fatto compiuto che il segretario diessino ha deciso di mettere sul tavolo in vista delle regionali: il pronunciamento ufficiale, democratico e largamente maggioritario di centinaia di migliaia di iscritti per la federazione, dunque per la lista unitaria. Si tratta di due partite, l’una in casa dall’esito scontato, l’altra in trasferta dall’esito ancora imprevedibile. Ma è evidente che qualora la decisione ultima sulla presentazione della lista Uniti nell’Ulivo in tutte o quasi tutte le regioni alle elezioni del 2005 fosse vanificata dalle resistenze rutelliane o da un eventuale ripensamento prodiano, la vittoria in casa avrebbe il sapore della beffa. Il solenne pronunciamento degli iscritti per la federazione riformista non farebbe che aumentarne la frustrazione davanti alle schede elettorali, su cui andrebbero a rotolare in ordine sparso le diverse ruote del triciclo. Il congresso avrebbe così sancito ufficialmente nient’altro che la nascita di un cadavere.
E’ sotto questa spada di Damocle che la mozione Fassino raccoglierà nel frattempo i frutti di un lavoro di lunga lena, dal congresso di Pesaro nel 2001 a oggi. Tre anni nei quali la maggioranza ha dovuto fronteggiare una serie di attacchi concentrici da far tremare i polsi. A Pesaro, per la prima volta nella storia del movimento operaio, il congresso ha messo in minoranza un’alleanza composta nell’ordine da: la segreteria uscente (con Folena a fare le veci del dimissionario Veltroni, impegnato a Roma come candidato sindaco), il segretario generale e grandissima parte del gruppo dirigente e dei quadri intermedi del sindacato (la Cgil di Cofferati), il giornale di partito (L’Unità di Furio Colombo), la maggior parte degli intellettuali più in vista e i volti più popolari del mondo della comunicazione. Date queste premesse, era ragionevole prevedere che la nuova maggioranza non avrebbe avuto vita facile. La capacità di Fassino di disinnescare la spirale autodistruttiva e riportare quel partito più unito e più forte alla guida dell’opposizione merita senza dubbio il riconoscimento che il congresso si appresta a dargli. Diviso in ben tre rivoli il correntone, di cui queste assise sanciscono la definitiva scomparsa, eclissati i sopraelencati leader della grande coalizione di cui sopra, affermata la leadership dei Ds anche in quei settori del mondo della comunicazione che prima avevano generosamente accompagnato le gesta dei movimenti e delle correnti di contestazione interna ed esterna al gruppo dirigente, la strada si fa naturalmente in discesa.
Resta un ultimo passo da compiere. Alle elezioni regionali della prossima primavera sapremo se da una così lunga e faticosa gestazione è nato infine il primo tronco di un nuovo partito, o se anche quel seme è finito nella palude che la sinistra – e con essa l’Italia – da ormai quindici anni tenta faticosamente di attraversare. Il larghissimo consenso che la mozione del segretario si prepara a raccogliere è in fondo – anche – un ultimo appello a non lasciare che quel lungo e tormentato percorso si concluda a metà del guado.