Arrosto di agnello

All’inizio sembrava che avanzassero in ordine sparso. Appiattiti al suolo come se si nascondessero. Si sentiva un frusciare inquietante come di canne mosse dal vento. Un sonoro bastardo, né musica né rumore. Arrivavano da tutte le parti. Cercavano di imprimere una spinta che poteva anche essere di gioia, ma si trattava più probabilmente di ansia trattenuta. Così ogni tanto il respiro si bloccava per riprendere subito dopo. Talvolta apparivano come un’armata Brancaleone in fuga. Tuttavia il loro profumo li precedeva, si mischiava nell’aria e si incuneava nelle feritoie che il tempo e il vento avevano inflitto alle porte e alle finestre. Ma non arrivavano dove avrebbero voluto. Non tutti almeno. Bisognava farcela, bisognava arrancare a ogni costo. Il traguardo era lì vicino, mancavano pochi passi. Ma l’ultimo sforzo fu vano. I primi due stramazzarono sul tavolo di marmo, inerti. Prezzemolo aveva perduto la memoria del proprio profumo e così Aglio. Caddero proprio ai piedi di Agnello, il Sovrano, che reclamava a gran voce il loro apporto.
Restava Rosmarino che aveva trovato rifugio in un ricordo di se stesso e procedeva ormai senza timore di perdersi come gli altri nel baratro dell’oblio. E Pepe che rotolava zigzagando, imparando lo slalom alla sua veneranda età. Ma tutti gli altri, perforando il soffitto, si accasciarono sul tavolo sulle sedie sul pavimento. Qualcuno rimase impiccato al chiodo di un calendario la cui immagine procace non destava più irrefrenabili desideri. Una pioggia fantastica e surreale: guerrieri votati per casta a servire il dio Agnello che non avevano più memoria del loro coraggio. Agnello ebbe un fremito davanti a quella distesa di corpi esanimi da seppellire nella pattumiera. La sola speranza era di trovarne qualcuno ancora in vita. Addio quindi ad Agnello Brodettato, addio ad Agnello venuto dalla Spagna innaffiato al calvados, addio ad Agnello Acciugato alle Olive.
Lentamente Rosmarino si fece ardito. Indicò ad Agnello Sale. Sale perse la memoria quand’era ancora Oceano. Non parla e non ha sentimenti. Quindi è immune da compromessi. Pepe rotola anche lui pronto a sbriciolarsi ai piedi di Agnello, con lealtà. Olio come Sale ha perso la memoria quand’era Oliva. Insieme entrano dentro Agnello. Lo solleticano. Penetrano con ardore dentro le sue carni morbide. Accanto a Rognone, dove l’infilata di costole ha la sfacciata magia di una inquadratura di Almodovar.
E Agnello ha un attimo di esitazione guardando il forno che si prepara ad accoglierlo. Riflette sull’assenza delle cose. Quelle cose che a lui servono per primeggiare sul palato che è la grande ribalta della vita, e che hanno d’improvviso perduto la memoria. E così dissolti nel niente sono tornati alla loro vita prima di esistere. Forse, pensa, rinasceranno e i miei eredi saranno più fortunati di me. Ma io ora che faccio? Entro da solo nel forno senza neppure una patata accanto a me? Agnello si stupisce della profondità dei suoi pensieri. Pensa ancora che le riflessioni sono profonde perché forse sono le ultime che gli è concesso di pensare.
Si sente comunque buono, pacioso e dell’umore giusto per affrontare l’inizio del suo viaggio. In fondo Rosmarino e Pepe gli hanno fatto capire che anche un’alleanza a tre può produrre dei buoni frutti. Sorride. E con meraviglia si accorge di un certo movimento che sta avvenendo dentro l’acquario. Uno dopo l’altro, camminando in fila in maniera poco elegante, avanzano verso di lui tocchetti di patate. Lo attorniano. Lo stringono in un abbraccio serrato. L’acqua li ha protetti da ogni insidia. Erano al centro della bufera che hanno evitato con qualche misterioso sotterfugio e diventano ora il valore aggiunto per un piatto semplice nato da un’idea semplice. Agnello è comprensivo e si lascia amare. Ha atteso con pazienza ma infine ha avuto la meglio. Ma bisogna entrare senza più indugi nel forno perché ognuno perda la memoria di se stesso ora che l’unione è forte e prima che il forno perda la memoria del suo ruolo.