A cinque anni esatti da “Eternal”, loro ultima fatica, gli svizzeri Samael ritornano con “Reign Of Light”, full-lenght numero sette (il primo fu “Worship Him” del ’91) in una carriera che conta anche tre demo (a cominciare dall’esordio “Into The Infernal Storm Of Evil” dell’87), un 7”, uno split con i Beherit e due ep, tra i quali l’ottimo “Exodus” del 1998. Un percorso attentamente costruito che, sotto l’aspetto musicale, li ha visti evolvere dal death metal (con venature black) iniziale, invero di maniera, a un sound personale caratterizzato dalle influenze elettroniche e da un uso delle tastiere pari se non superiore a quello delle chitarre, il tutto scandito da una precisa tessitura percussiva, spesso programmata.
Fondati dai due pilastri Vorphalack (“Vorph”, chitarra, voce e testi) e Xytras (tastiere, percussioni e musica) ai quali si aggiunge il bassista Masimiseim (Cristophe Mermod) e, recentemente, il secondo chitarrista Makro, perfezionano la loro formula con “Ceremony Of The Opposites” del ’94 e ancor più con “Passage”, del 1996 (entrambi prodotti da Waldemar Sorychta, già produttore dei Tiamat e chitarrista dei Grip, Inc.), album che li impone all’attenzione della comunità metal grazie all’originalità della musica, che loro stessi definiscono “Macabre Operettas”, e a testi interessanti, non solo introspettivi e slegati dai cliché di genere. Nei lavori successivi, i Samael si confermano gruppo “in progress”, attento ai mutamenti e alle contraddizioni, interessato a più d’una influenza culturale, fino all’eccellente “Eternal”, dove la fascinazione elettronica spinge il suono in un terreno ancora più sperimentale, senza rinunciare all’imprinting metallico.
“Reign Of Light” (ma in copertina è raffigurata un’eclissi), co-prodotto con Sorytcha, dovrebbe riprendere il filo del discorso dall’ultima traccia di “Eternal”, spingendosi ancora un passo avanti: l’elettronica conquista ulteriore spazio e richiami alla musica araba (“Inch’Allah”) e orientale (il sitar in “Moongate”) percorrono alcune tracce. Il risultato, purtroppo, non è all’altezza delle ottime intenzioni: forse preoccupati per la lunga assenza dalle scene, i Samael scelgono soluzioni più immediate e tessiture meno ardite per le loro canzoni; l’ispirazione originaria è sempre presente ma si affaccia, spesso, l’esigenza di aggiornare il sound più che sperimentare. A tratti, prevalgono ritmi ed influenze techno; lo stesso Vorph attenua il timbro gutturale dei lavori precedenti. Gli ingredienti stentano a trovare amalgama, soprattutto un amalgama così felice come quello, in periodi differenti, di “Passage” e di “Eternal”. Per contro, anche qui la qualità dei testi si mantiene alta.
E’ possibile, peraltro, che “Reign…” permetta ai Samael di ricollocarsi al centro della scena con nuovi adepti; così come è possibile che questo parziale passo falso serva alla band come trampolino di lancio per una decisa reinvenzione del proprio stile e del proprio metal, evitando il rischio di un riflusso nell’autocitazione e nello stereotipo di se stessi; l’annuncio di ben due uscite nei primi mesi del 2005, di cui una definita “old experimental album”, promette comunque una risposta a breve.
Confidiamo che la settima eclissi annunci prodigi.