La nouvelle vague riformista dei Ds

Era il congresso dei Ds, forse l’ultimo, ma osservando l’abbraccio fisico e politico tra Veltroni, Fassino e D’Alema, avrebbe potuto essere un film di Sergio Leone. Non certo il Buono, il brutto e il cattivo, come potremmo dire con una facile battuta. Piuttosto C’era una volta in America. Quello era il clima che si respirava, mentre Cofferati sposava la federazione ed esortava ad andare avanti, fino al futuro “aggregato riformista”; mentre Bassolino rilanciava sulla federazione e sul nuovo soggetto politico; mentre Veltroni scandiva che dopo la federazione “verrà il tempo in cui ci sarà un grande partito riformista, una grande forza di riformismo moderno che diventi il primo partito italiano” (e lo stiamo riprendendo dal testo pubblicato con grande risalto sull’Unità di Furio Colombo).
Nelle strette di mano, nel cercarsi e ritrovarsi di tanti antichi nemici, agli abbracci dei quali si univa idealmente il fragoroso applauso della platea, nessuno ha voluto cercare gli strascichi del recente passato. Nessuno ha chiesto a Sergio Cofferati cosa avesse fatto tutto questo tempo. Probabilmente avrebbe risposto come Robert De Niro: sono andato a letto presto. E la platea, proprio come De Niro, aveva gli occhi troppo pieni di lacrime per capire di chi fosse davvero il cadavere abbandonato ai margini del congresso di Roma.
Massimo D’Alema ha detto nel suo intervento che il presente è la federazione, ma che nessuno può impedire a tanti come lui di coltivare il sogno di una grande forza riformista, un partito unico che nasca dal tempo, dall’abitudine a lavorare e a stare insieme. Il futuro prossimo riserva però la replica di Rutelli e Marini, che verosimilmente coglieranno al volo l’occasione del voto sul rifinanziamento della missione italiana in Iraq. Il presente offre il rischio concreto che tra le posizioni di Bertinotti e quelle della Margherita si apra un nuovo crepaccio, giusto sotto i piedi dei Ds e di Piero Fassino. Può darsi che Prodi riesca a prevenire il pericolo, tenendo insieme l’intera coalizione su una linea di mediazione. E può darsi di no. Certo è che a ogni svolta il rischio che si aprano nuove faglie durerà fino a che quel sogno, rilanciato da Piero Fassino nelle sue conclusioni, non sarà divenuto realtà.