C’era una volta un giovane muratore austriaco. D’estate lavorava in cantiere, d’inverno faceva il maestro di sci. Era l’unico modo rimastogli per coltivare la sua antica passione, troncata da un medico che, a quindici anni, gli disse di rinunciare a una promettente carriera di sciatore per via delle sue ginocchia troppo fragili. Questo colpo non riuscì però a fiaccare la sua determinazione: trasportando mattoni il suo fisico si irrobustì, fra uno spazzaneve e l’altro la sua tecnica si affinò. Dopo una lunga gavetta, alla non tenera età di quasi ventiquattro anni, nell’autunno del 1996 il nostro muratore fece il suo esordio in Coppa del Mondo. Il suo nome era Hermann Maier.
Nel giro di due anni, passò da perfetto sconosciuto a dominatore del circo bianco. La sua carica agonistica e la sua capacità di percorrere traiettorie al limite delle leggi della fisica lo portarono a vincere fra il 1998 e il 2001 tre Coppe del Mondo, due ori olimpici e due ori mondiali. Erano gli anni di “Herminator”, autentico cannibale dello sci, quasi antipatico nel-la sua superiorità. Solo un rovescio della sorte avrebbe potuto fermarlo. Rovescio manifestatosi sotto forma di un’automobile che, nell’agosto del 2001, lo investì mentre stava andando in motocicletta. Maier rimase in ospedale per alcuni mesi, col serio rischio dell’amputazione della gamba sinistra. Il mondo scoprì che quella perfetta macchina da vittorie era in realtà vulnerabile. Si parlò di carriera finita, di funzionalità dell’arto compromesse, ma fu ancora la sua grandissima forza di volontà a rimetterlo in piedi: all’inizio del 2003, con una placca metallica di quaranta centimetri nella tibia, fece ritorno alle gare. Era un Maier diverso: sempre vincente (un argento mondiale a poche settimane dal rientro, la quarta Coppa del Mondo nel 2004), ma meno strabordante, sia nei distacchi inflitti agli avversari che nella continuità di rendimento. Un Maier più umano.
Nei mondiali di Bormio, conclusisi ieri, l’ultimo capitolo di questa storia. Dopo prestazioni sottotono sia in SuperG che in discesa, il trentatduenne austriaco si presenta al cancelletto dello slalom gigante, specialità in cui non si impone da prima dell’infortunio. Nella prima manche si piazza secondo, superato solo dalla gara della vita dell’americano Dahron Rahlves, che gigantista non è. La seconda manche, lunga e veloce, sembra fatta apposta per esaltare le doti tecniche di Maier, che sfodera una prestazione di un’aggressività degna dei bei tempi. Benjamin Raich (argento) e lo stesso Rahlves (bronzo) possono quindi solo fare da spettatori al terzo oro mondiale del campione che visse due volte.