Doveva essere il Festival di Bonolis e senza dubbio il Festival di Bonolis è stato. Ma è stato soprattutto il Festival del ritorno dei grandi ascolti, dopo alcuni anni di graduale e inarrestabile declino. Paolo non si è risparmiato, accompagnandoci attraverso cinque lunghissime serate, che spesso si sono protratte più a lungo del consueto (e abbiamo detto tutto). Inizialmente la nuova formula della gara, con l’introduzione delle categorie, ci era sembrata inutile e dannosa. Ma ha avuto i suoi lati positivi, permettendo delle eliminazioni indolori (anche se non sempre condivisibili) e in definitiva raggiungendo lo scopo: dare al paludato Festival quel tocco di reality show che non guasta mai. Se però dovessimo individuare precisamente l’elemento che ha decretato il successo della trasmissione, in verità non sapremmo dirlo, perché Bonolis ha fatto il solito Bonolis (con qualche caduta di tono), la Clerici ha fatto la solita Clerici (con il solo aiuto di imbarazzanti abiti-bomboniera) e la Felini era troppo svampita per essere vera. Mentre tutti continuano ad affannarsi cercando le ragioni della buona riuscita del Festival, noi pensiamo che non possa essere stata altro che una sorta di ipnosi collettiva. E’ un meccanismo che ormai conosciamo alla perfezione: parola su parola, latinismo dopo citazione, senza mai lasciarci un solo istante, Paolo ci cattura nella sua rete. Non a caso per la kermesse sanremese ha rispolverato il traino delle migliori occasioni: il gioco dei pacchi. E’ con Affari Tuoi che ha affinato la sua tecnica e come tutti sanno (soprattutto quelli di Striscia la notizia) funziona a meraviglia. C’è stato solo un piccolo problema (che non sembra aver poi nuociuto molto agli ascolti): Bonolis sarà pure un maestro nel tenerci incollati al televisore, ma – come nelle migliori tradizioni – il gioco è bello quando dura poco. Ascoltarlo inanellare i termini più vari, spesso chiaramente scelti a caso, ha un senso finché sappiamo che prima o poi ci sarà l’acuto, la battuta che fa ridere davvero, che di solito è quella spontanea. A Sanremo, invece, l’acuto è spesso mancato, o quello che avrebbe dovuto esserlo è risultato troppo studiato, o peggio ancora, già visto. In definitiva Bonolis anche stavolta – e come solo lui sa fare – è riuscito ad ammaliare il telespettatore, ma Sanremo a volte è sembrato un lungo tunnel senza uscita. E’ proprio in quei momenti che abbiamo quasi sentito la nostalgia del “vecchio conio”.