Mercoledì, panino “del lurido” con maionese e hamburger di dubbia origine; giovedì fish and chips; venerdì misto di formaggi alla piastra. E’ con questa intossicazione da colesterolo che ci siamo preparati per la visione di Super Size Me. E’ giusto che i lettori lo sappiano, in questo caso la dieta del recensore ha la sua rilevanza, è un indice di pregiudizio; facciamo però notare che, per prepararci alla proiezione, abbiamo avuto cura di evitare qualsiasi multinazionale dell’alimentazione, assumendo quindi esclusivamente colesterolo democratico e di produzione nazionale. Il film-documentario, scritto diretto e interpretato da Morgan Spurlock è esattamente come uno se lo aspetta. Un documentario alla michealmoore (o alla Striscia la notizia, se preferite), che denuncia il terribile complotto di McDonald’s teso a farci ingrassare tutti: la ristorazione vuole farci mangiare. Incredibile. E’ lo stesso Spurlock che decide di sperimentare su di sé gli effetti del junk food, mettendosi all’ingrasso per un mese, colazione pranzo e cena, esclusivamente presso la catena di Ronald McDonald, in più evitando di fare ogni tipo di attività fisica. Scoprirà alla fine, sorpresa, di non sentirsi molto bene.
A tratti il documentario ci è sembrato avere il pregio di non prendersi eccessivamente sul serio, la prima mezz’ora scorre abbastanza veloce e piacevole al di là di ciò che si pensa della tesi di fondo, poi subentra la noia. La vera domanda però non è se il cibo dei fast food faccia male, né se mangiando per un mese intero qualunque altra cosa (solo pizza, solo banane, solo fagioli e aringhe) ci si sentirebbe meglio o peggio, o se un fast food sia responsabile se io mi ingozzo come un cappone e poi ingrasso, ma perché Morgan Spurlock abbia voluto fare un esperimento così idiota. La risposta è una biondina con gli occhiali di nome Alex, fidanzata del regista e cuoca vegana militante, che parla come un ciclostilato e paragona il prosciutto e il formaggio all’eroina.
Morgan, siamo solidali con te, capiamo le tue sofferenze e siamo certi che, anche se non ci saranno documentari in proposito, le sei settimane di dieta vegana stretta cui la tua aguzzina ti ha sottoposto per rimetterti in forma dopo i bagordi del fast food sono state dure almeno quanto il mese a base di big mac.
Usciti dal cinema abbiamo visto, a meno di duecento metri, la familiare emme gialla. Ed evitarla è stato impossibile. Non perché avessimo fame ma, per la prima volta, come sommo atto rivoluzionario contro il moralismo neosalutista. Gli hamburger non erano mai stati così buoni.