Con la doppietta di mercoledì e giovedì si è concluso “Ho sposato un calciatore”. E noi stentiamo ancora a riprenderci dall’addio. Ci regalano questa perla e non appena non possiamo più farne a meno ce la tolgono. Ci hanno lasciato giusto il tempo di capire quanto la serie fosse al di là del bene e del male, quanto questioni come qualità della fiction e verosimiglianza fossero in questo caso del tutto secondarie. Il telefilm aveva qualcosa di ipnotico e comunque ce l’hanno tolto prima che riuscissimo a capire a fondo. D’altronde capire non era di certo la necessità primaria di coloro che sono rimasti folgorati davanti a quelle immagini. Dimostrazione del fatto che anni di “Beautiful”, di “Anche i ricchi piangono” o di “I ragazzi della terza C” non sono trascorsi invano, che al momento giusto possono tornare ancora utili.
In effetti non possiamo negare che ci siano delle ottime ragioni per chiudere qui la fiction, non ultima che la prima stagione del telefilm inglese, “Footballers’ wives”, da cui la serie italiana è ripresa fedelmente (perché non pensavate mica che una cosa del genere ce la eravamo inventati da soli, vero?) termina esattamente dove è finita quella italiana. Insomma a copiare siamo ancora capaci ed era proprio così che doveva finire, ma non ci sentiamo ugualmente appagati, anche perché sappiamo che in Inghilterra sono già alla quarta stagione, senza contare che ogni loro stagione contiene otto puntate, cioè il doppio della nostra. E non c’è dubbio che agli inglesi queste cose vengano meglio, non è mica un caso che loro abbiano inventato le Spice Girls e noi le Lollipop. Consumare tutto questo potenziale in sole quattro puntate è stato uno spreco della creatività degli sceneggiatori inglesi (di quelli italiani un po’ meno). A tutto questo adesso si aggiunge il timore che potrebbero rinunciare a produrre la seconda stagione. E noi cosa dovremmo fare allora? Magari consolarci con i calciatori veri? Ma se è stato proprio questo telefilm ad averci insegnato che “non esistono palloni abbastanza grandi da riempire una vita”.