Nei tornei di tennis, la selezione delle teste di serie (prima otto, poi sedici e da qualche anno trentadue) è una pratica diffusa sin dagli anni Venti. Disporre i migliori giocatori nelle parti opposte del tabellone impedisce che si scontrino fra loro nei primi turni e che qualche outsider fortunato possa sgattaiolare fino alla finale (o fino alla vittoria). Il giochino di solito funziona, con poche, illustri eccezioni: basti citare il diciassettenne Boris Becker a Wimbledon nell’85. Ma ultimamente le eccezioni stanno diventando sempre più frequenti nei tornei del Grande Slam, specie sul rosso di Parigi. Due anni fa abbiamo visto arrivare in finale un carneade olandese che aveva tutto fuorché il physique du rôle del terraiolo (Verkerk, poi sparito nel nulla). L’anno scorso, invece, uno dei mille argentini che infestano il circuito riuscì a vincere il torneo dopo aver perso il primo set della finale 6-0 (Gaston Gaudio, una specie di precursore del Liverpool). Entrambi non erano teste di serie. Come può essere accaduto? Nella quasi totalità dei tornei, l’ordine delle teste di serie viene stilato pedissequamente sulla base della classifica ATP, senza la benché minima taratura rispetto all’abilità dei giocatori sulle varie superfici. Il Roland Garros in corso di svolgimento è un esempio lampante di come non debba essere stilato quest’ordine. Andy Roddick, di cui abbiamo già descritto i limiti sulla terra, è testa di serie numero 2, mentre Rafael Nadal, che quest’anno sul rosso ha fatto il bello e il cattivo tempo (anche con una mano sventrata dalle vesciche) è soltanto numero 4. L’altro mattatore dell’ultimo periodo, Coria, è un posto dietro a Tim Henman (settimo), che sulla terra è un giocatore appena sufficiente. Tutto ciò ha prodotto un tabellone terrificante, totalmente sbilanciato fra parte alta e parte bassa. In alto abbiamo avuto al terzo turno due scontri degni almeno di un quarto di finale: Nadal contro Gasquet, la rivelazione francese, e Federer-Gonzalez. Se invece vi parleranno di Federer-Moya (in tutto quattro tornei del Grande Slam vinti), non si tratta della probabile finale, ma dell’ottavo che si è giocato domenica. Invece nella parte bassa, a parte Coria e Marat Safin (che presumibilmente si scanneranno fra loro nei quarti), sono rimasti onesti pallettari (Canas, Puerta), il discontinuo Robredo e poco altro. Fra gli eliminati, l’unico che sarebbe potuto arrivare in fondo è il sempiterno Agassi. Tutto questo è molto più difficile che succeda a Wimbledon (emuli di Becker permettendo): il ranking ATP viene calmierato dagli organizzatori per avere un tabellone più equilibrato. Ma questi sono i dettagli che fanno la differenza fra un torneo e il Championship.