Sussurri in bianco

Bianco Sporco” (’05) è la nuova spora generata dall’alchemica fucina dei cuneesi Marlene Kuntz: aggettivi e sostantivi sono tutti al posto giusto, in virtù dell’innegabile fatto che il sound del gruppo – di certo il meno “mediterraneo” in questi lidi – suscita da sempre impressioni di raffinatezza, ricercatezza, tappeto musicale dalla trama fitta e sottile; e sia che si tratti di ruvidi momenti metallici o sensibili atmosfere romantiche, la tensione rimane alta, conferendo a ogni brano quelle peculiarità di latente minaccia, perenne inquietudine e febbrile desiderio che sono patrimonio di pochi gruppi.
Discendenti di una linea che parte dalla radice Velvet Underground per ramificarsi sino a Sonic Youth, Nick Drake e My Bloody Valentine, giungono all’esordio discografico nel 1993, al termine di un rodaggio durato più di dieci anni. Formatisi infatti alla fine degli anni ’80 (Riccardo Tesio alla chitarra, Luca Bercia alla batteria, Franco Ballatore al basso e Cristiano Godano come chitarra e voce), è solo nel 1992, partecipando al concorso “Rock Targato Italia” che vengono notati da Gianni Maroccolo, ex-Litfiba, da poco tra i fondatori del Consorzio Suonatori Indipendenti. Con il suo aiuto, giungono all’esordio su disco nel 1994. “Catartica” colpisce subito con l’inusuale mistura di punk e psichedelia, abrasività e distensione. Prima della realizzazione del successivo “Il Vile” (’96), il ruolo di bassista viene rilevato da Dan Solo, da quel momento anima pulsante del gruppo fino all’uscita, proprio poco prima di “Bianco Sporco”. “Il Vile” apre la stagione della maturità dei MK, le cui tappe sono segnate dall’ep “Come di Sdegno” (’97) e dalla trilogia “Ho Ucciso Paranoia” (’98), “Ho Ucciso Paranoia/Spore” (’99) e “H.U.P. – Live In Catharsis” (’00). Notevole la ristampa del già ottimo “Ho Ucciso Paranoia” accompagnato dalle improvvisazioni noise di “Spore”: progetto ambizioso e rischioso, ma i MK non sono mai stati interessati alla forma-canzone tradizionale. La loro musica è paesaggio interiore quanto i testi sono lento spogliarello psicologico, ora affascinante, ora feroce, ora ghignante. “Che Cosa Vedi” (’00), domanda appropriata all’inizio del nuovo millennio, vede il gruppo impegnato a rinnovarsi e sondare strade diverse da quelle percorse in precedenza: è fatale che il tentativo produca le consuete accuse di commercializzazione, ammorbidimento e così via. In realtà, superata la linea dei trent’anni, i MK evolvono con naturalezza verso quella dimensione dove durezza e cattiveria si generano senza forzature, eccessi di volume o sprechi di sudore, tanto in studio quanto sul palco; continuando a lasciare, tuttavia, una precisa sensazione di forza, lacerazione e profondità. L’ep “Cometa” (’01) e i cd “Senza Peso” (’03, con una “spora” di ben 16 minuti) e “Fingendo La Poesia” (’04) proseguono questa fase il cui culmine è rappresentato proprio da “Bianco Sporco”. Riassunto ideale della loro produzione, nel suono come nell’ispirazione letteraria (Gadda da “La Cognizione Del Dolore”, Gozzano e l’onnipresente Nick Cave), l’album è meglio descritto dalle parole che gli stessi MK hanno lasciato nel proprio sito: “Le donne non accendono sentimenti. La fuga è nella bellezza. Ma come e dove si andrà a finire non è dato saperlo. Dita incrociate”. E orecchie attente.