Centosessantamila secondo la polizia, un milione e mezzo secondo gli organizzatori. La grande manifestazione contro le leggi del Governo Zapatero sui matrimoni gay convocata dal Moige iberico – il Foro Español de la Familia – ha ricevuto maggiori attenzioni nell’Italia ancora scossa dall’esito del referendum sulla fecondazione assistita di quante ne abbia ricevute in patria. Le prime pagine dei giornali spagnoli erano occupate infatti da almeno altre due notizie: da un lato il singolare comunicato dell’Eta che annunciava una tregua parziale, con la sospensione di attentati contro gli uomini politici; dall’altro le elezioni in Galizia, che all’indomani della manifestazione avrebbero subito raffreddato gli ardenti spiriti guidati dal Cardinale Rouco Varela e mestamente seguiti da diversi dirigenti del Partido Popular, che li ha appoggiati senza troppa convinzione. E così nella tarda sera di domenica, nella roccaforte dei popolari in cui Manuel Fraga regnava da 16 anni consecutivi, per la prima volta il partito non ha raggiunto la maggioranza assoluta ed è appeso al voto dei “galiziani all’estero”, che saranno definitivamente conteggiati solo il 28 giugno. Se le percentuali non dovessero cambiare significativamente, per la prima volta un’alleanza tra i socialisti e il Bng (Blocco nazionalista galiziano) potrebbe mandare il Pp all’opposizione. Certo è che il voto degli spagnoli non ha risentito affatto dell’onda lunga della manifestazione, apertamente appoggiata dalla Conferenza episcopale spagnola e dal suo ex presidente (ma è stata notata l’assenza dell’attuale, più moderato, nonché del clero basco e catalano tradizionalmente più democratico e ostile al “patto scellerato” tra Rouco Varela e il Pp siglato ai tempi di Aznar). La popolarità di Zapatero rimane alta, il consenso degli spagnoli alla sua politica tanto sui diritti civili quanto su autonomie e terrorismo basco non appare in discussione, mentre l’opposizione guidata da Mariano Rajoy non può non accusare un altro durissimo colpo, in quella Galizia che oltre a essere la sua storica roccaforte è anche la terra natia dello sfortunato successore di Aznar.
I socialisti crescono di undici punti e otto seggi rispetto alle precedenti elezioni del 2001, i popolari perdono sette punti e quattro seggi. Quale che sia il risultato finale, nessuno può smentire il candidato del Partido socialista de Galicia Emilio Pérez-Touriño quando afferma che “i voti per il cambiamento sono stati centomila in più di quelli per il Pp”. Quale che sia il voto dei cittadini residenti all’estero, in Spagna l’ultimo test elettorale attendibile sancisce il massimo storico del Psoe nella regione tradizionalmente più ostile. Si spegne così l’eco delle parole di fuoco pronunciate dal vescovo di Malaga in vista della manifestazione, secondo cui sebbene i cattolici non siano più vittime di torture fisiche, “lo sono di torture psicologiche che non sono meno gravi”, o dal portavoce della Cee secondo cui la Chiesa “non si trovò mai di fronte a nulla di simile nei suoi duemila anni di storia”. Il Governo Zapatero sarà giudicato dalla sua capacità di vincere la complessa partita a scacchi con l’Eta e di governare le mille spinte centrifughe del delicato mosaico di autonomie che costituisce lo stato spagnolo. Le manifestazioni degli aspiranti teo-con iberici, guidati da una Chiesa sempre più divisa al suo interno e appoggiati con sempre minore convinzione dagli stessi popolari, al momento non sembrano fonte di troppe preoccupazioni.