Il difetto genetico dei Grimaldi

Il segreto della felicità non è sposare un principe, è averlo come padre. In questo senso, Sua Altezza Serenissima Alberto di Monaco è un benefattore molto riservato. Scaduto il lutto per la morte di Ranieri, a pochi giorni dalla cerimonia di incoronazione, il Principe ha ufficialmente riconosciuto la paternità di Alexandre. Il bambino, quasi due anni, è nato da una lunga relazione con Nicole Coste, hostess togolese che aveva dimenticato di prendere la pillola. L’avvocato Thierry Lacoste ha concluso l’annuncio invitando la stampa a un comportamento responsabile, in modo da permettere al piccolo una vita “normale”. Intento non perfettamente perseguibile, per tradizione, all’interno della famiglia reale monegasca. Così elegante, però. Persino il legale si chiama come una maglietta bon ton.
Deve esserci un carattere di serialità, speriamo recessivo, nei geni dei Grimaldi. Un’ostinazione altezzosa al collezionismo. Disgrazie, mariti, figli. Nell’aprile di quest’anno, non appena Caroline – devastata dalla morte del padre e dalla pressoché contemporanea pancreatite acuta del marito, Ernst di Hannover – ha riposto quel velo che le dona terribilmente, è spuntata la prima figlia illegittima di Alberto. L’innocente si chiama Jazmin Grace Grimaldi, di primo nome, e ha tredici anni. La mamma aveva già tentato di costruirle intorno uno scandalo da telenovela, test del dna incluso, ma senza risultati apprezzabili. Alberto, su categorico consiglio paterno, manteneva il piglio regale: senza smentire mai, semplicemente rifiutava di affrontare l’argomento in pubblico. Concepita durante una – presumiamo – indimenticabile vacanza monegasca, si dice che Jazmin Grace somigli un po’ alla zia Caroline. Ci sono disgrazie peggiori nella vita.
Immaginare questa graziosa ragazzina crescere sotto il sole di Desert Springs, a est di Los Angeles, mentre a Montecarlo si appronta la villa che ospiterà il rampollo fresco di riconoscimento, con mamma al seguito, fa sembrare le sorti dei due discretamente sbilanciate. Certo, al piccolo togolese non verranno comunque riconosciuti diritti dinastici, per via di certe regole piuttosto rigide su eredi “diretti e legittimi”: diventa principe regnante solo il figlio di un principe regnante, in buona sostanza, purché cresciuto all’interno di un regolamentare matrimonio cattolico. D’altra parte, fino a qualche anno fa, requisito indispensabile per aspirare al titolo era la garanzia di una legittima discendenza. Comprensibilmente preoccupato per la chiacchierata condotta di Alberto, sbarazzina assai, Ranieri si decise a una modifica costituzionale. La successione, adesso, è consentita anche per via “collaterale” a eventuali fratelli e, soprattutto, a prolifiche sorelle. Se giochi al grande gioco del principato e le regole le fa papà, il limite è il cielo. In ogni caso, sarebbe quantomeno ingenuo pensare che il ruolo più prestigioso, intorno alla Rocca, sia anche il più divertente. Sempre che quella di Stéphanie vi sembri una faccia divertita.
Una volta raggiunta la parità di stato di famiglia, tuttavia, la sperequazione risulterebbe risolta solo in superficie. I nuovi principini, infatti, si troverebbero ad avere come legittima cugina Charlotte Casiraghi, la combinazione genetica più felice dai tempi di Miguel Bosé. Niente di grave per Alexandre: crescerà tra i consueti turbamenti godendo dei privilegi del piccoletto e formando la sua idea di femminile intorno a grazie indiscutibili. Jazmin Grace da Desert Springs, invece, sarebbe condannata alle più cupe crisi adolescenziali in occasione di ogni festa comandata, per tacere del Ballo della Rosa. Necessariamente e fino alla fine dei suoi giorni. Ne vale davvero la pena? Abbiamo avuto tutte una cugina di riferimento idolo di mamme, nonne, congiunti fino al quinto grado. Le abbiamo giurato dispetto eterno, in cambio abbiamo ricevuto sorrisi cortesi e insopportabili gentilezze. Una che parlava perfettamente sedici lingue, tre dialetti estinti e, quando si offriva di farci da interprete, in pochi istanti riduceva a molle cicisbeo qualunque interlocutore. Una circondata dall’aurea fama dell’impeccabilità – “straordinaria pure con uno straccetto addosso” – senza che nessuno l’avesse mai vista davvero vestita di stracci. Una che non sudava, mai, ma aveva colpi di sole naturali a sei anni e sfogliava pretendenti come margherite – anzi, come camelie – a otto. Charlotte è tutto questo, perché Charlotte non può essere niente altro. Sin dalla culla, non le è mai capitato di essere meno che perfetta. Mai. Finirà per dare il nome a una borsa introvabile. Non so voi ma io, nei panni di Jazmin, mi darei malata – grave – e fingerei di aver dimenticato il resto dei nomi di battesimo. In fondo non può essere così male, il sole della California.