Il fallimento del G8 scozzese

I colloqui dell’ultimo G8 in Scozia si sono chiusi con alcuni impegni sottoscritti dai paesi presenti: lotta al Terrorismo Internazionale attraverso l’ulteriore rafforzamento della collaborazione tra servizi di intelligence; massimo sforzo per la normalizzazione politica, civile e militare di Afghanistan e Iraq; rinnovato impegno alla soluzione del conflitto israelo-palestinese; alcuni stanziamenti per la lotta contro la povertà in Africa; nulla di fatto in tema di politiche ambientali contro le emissioni di CO2.
I primi quattro punti sui cui c’è stata convergenza d’impegni sono tutti relativi alla campagna “lotta contro il terrorismo internazionale”. L’unico argomento indipendente, le emissioni di CO2, è stato facilmente accantonato. Una conclusione indubbiamente influenzata dall’attentato di Londra. Ma proprio alla luce di quest’ultimo, i risultati appaiono minimi. Nessuna novità, nessuna vera decisione, vuoto di idee e iniziative.
La collaborazione tra servizi di intelligence è uno dei punti chiave sollevati subito dopo l’undici settembre. Sono trascorsi quasi quattro anni e sono seguiti due grandi attentati in Europa. Significa che dal 2001 si è fatto troppo poco, o lo si è fatto male. La situazione sul terreno è quella che è, continuiamo a subire i colpi dei fondamentalisti. Non abbiamo ancora trovato la Stalingrado della lotta al terrorismo. Parlare di normalizzazione di Iraq e Afghanistan è imbarazzante.
In Afghanistan la sicurezza peggiora quotidianamente e non si registra alcun miglioramento della vita civile delle popolazioni. Continua a non esistere un’autorità centrale e neanche l’obiettivo di controllare la capitale è assicurato. Con l’abbattimento di un elicottero militare, gli americani hanno subito pochi giorni fa la più grave perdita di vite umane in un singolo incidente dall’inizio della loro presenza nel paese. In Iraq la situazione si fa sempre più grave. Sono stati cacciati dal paese le grandi imprese internazionali, le organizzazioni internazionali, i giornalisti, le ong, i militari di diversi paesi che hanno preferito ritirarsi. Ora è il turno del personale diplomatico, paesi arabi in prima fila. Non ci sono idee che traducano in qualcosa di concreto questa presunta volontà di normalizzare i due Paesi. Il conflitto israelo-palestinese è affrontato nella logica dobbiamo-prosciugare-l’acqua-dove-nuotano-i-terroristi. E’ vero, la situazione mediorientale sta cambiando. Ma il merito va esclusivamente all’incredibile capacità di movimento di Sharon e alle leggi di natura, che ancora fanno morire gli uomini di vecchiaia. La comunità internazionale, gli Usa, l’Europa, l’Onu, come la Russia e i paesi arabi, sono attori opportunisti. Rallentano o incoraggiano a seconda degli interessi geopolitici, ma nessuno guida o veramente influenza il processo.
Dall’impotenza al vuoto della retorica, l’Africa. Blair ci ha spiegato che “quando in un continente c’è estremismo, fanatismo ed estrema povertà, le conseguenze finiscono per farsi sentire in tutto il mondo”. Speriamo che il leader britannico non sia vittima di un altro rapporto di intelligence come quello “Saddam può colpire l’Europa con armi chimiche in 45 minuti”. Nessun terrorista si è mosso dal Ciad, il terzo paese più povero del mondo, o dall’Angola, dove esiste il più alto tasso di mortalità infantile del pianeta. Non è la povertà ad alimentare il terrorismo. Il motore è l’ideologia, che usa a sua volta la povertà come uno strumento. I dati di cui disponiamo sui terroristi che hanno colpito in occidente indicano che nessuno di loro proveniva da condizioni di povertà. I massimi dirigenti del terrorismo internazionale sono milionari, ricchi imprenditori.
Questo impegno per l’Africa è fumo negli occhi, puramente propagandistico. E’ una campagna d’immagine. Se veramente si volesse aiutare il grande continente povero, sarebbe molto più incisiva l’eliminazione dei dazi contro l’importazione dei prodotti made in Africa, in primo luogo materie prime e prodotti alimentari. Il G8 è un club americano, gli Stati Uniti l’hanno voluto e fondato. Stabiliscono gli inviti e preparano l’agenda. I miseri risultati di quest’ultima riunione sono il frutto della povertà di idee dell’amministrazione Bush. Dopo la rielezione del 2004 è netta l’immagine di un presidente che galleggia sui problemi, che sembra aver fatto del tempo la sua arma principale. L’unico obiettivo sembra sia diventato quello di andare avanti evitando che la situazione peggiori. Sembrava Blair quello che avrebbe potuto introdurre delle novità. Proveniva dalla vittoria elettorale, da un successo indiretto a livello europeo (il No francese alla Costituzione) e dal recentissimo entusiasmo per le olimpiadi di Londra. Ma il terrorismo jihadista gli ha tagliato le ali. Di questo G8 scozzese ci è dunque rimasto un solo dubbio irrisolto. Ma chi erano quei masochisti che in questi giorni si facevano picchiare dalla polizia britannica a Gleneagles? >