Tre deputati in più. A questo sembra essersi ridotto, nelle urne, il vantaggio della Cdu/Csu (con 225 seggi) sulla Spd (222), dopo una campagna elettorale iniziata con un divario di 18 punti percentuali, e conclusa con i media di mezzo mondo unanimi nel sottolineare, con malcelata soddisfazione, che la rimonta di Schröder si era interrotta e che il partito di Angela Merkel avrebbe conquistato tra il 41 e il 43 per cento dei voti. E invece la Cdu/Csu ha ottenuto solo il 35,2 per cento: cioè oltre tre punti in meno rispetto alle elezioni del 2002, solo parzialmente compensati dal 9,8 per cento dei liberaldemocratici (più 2,4). Si comprende perciò l’euforia del cancelliere, e la perentorietà con cui ha affermato, di fronte a una folla esultante radunata alla Willy Brandt Haus, che sarà lui a guidare il nuovo governo. E’ infatti difficilmente contestabile che dal punto di vista politico Schröder debba essere considerato il vero vincitore delle elezioni. Con coerenza e determinazione in questi anni egli ha dato corpo a una linea riformista che ha avviato una colossale modernizzazione competitiva dell’apparato produttivo tedesco (e tutti gli indicatori mostrano che i risultati di questa azione stanno cominciando a farsi sentire) senza intaccare in misura significativa lo stato sociale, mentre in politica estera ha saputo dire di no a Bush senza sprofondare nell’antiamericanismo, ha costruito un asse di ferro con la Russia di Putin e ha decisamente innalzato il tasso di europeismo del suo partito. Naturalmente una linea di questo tipo non poteva non suscitare una violenta opposizione interna e internazionale, di destra e di sinistra. E così sotto la guida di Angela Merkel la Cdu/Csu si è trasformata in una sorta di Forza Italia tedesca che ha dato vita a un’opposizione senza quartiere di tipo populista del tutto inedita per il costume politico di quel paese, mentre la stampa “progressista” ha bombardato il governo senza pietà benedicendo la scissione di Lafontaine e di una parte dei sindacati (8,7 per cento), che a loro volta hanno riempito le piazze contro le riforme del governo. Ma per fortuna in Germania esistono i partiti, e l’Spd ha retto l’offensiva, consentendo a Schröder di scommettere sulle elezioni anticipate e recuperando progressivamente terreno dal 28 per cento dei primi sondaggi fino al 34,3 delle elezioni. Il che, vista l’entità della scissione, è un eccellente risultato, che fa dei socialdemocratici il partito con il maggior numero di carte da giocare nella difficile partita politica che si aprirà appena saranno terminati gli scrutini. Mentre infatti l’unica possibilità a disposizione della Cdu/Csu per andare al governo è un’alleanza con la Spd (sembra invece assai improbabile l’alleanza con liberali e Verdi proposta da Stoiber, detta Jamaica dai colori dei tre partiti, rispettivamente: nero, giallo e verde), Schröder, oltre a quella della Grosse Koalition, sulla carta potrebbe tentare sia la strada dell’alleanza con i liberaldemocratici (detta semaforo: rosso, giallo, verde) che però al momento hanno escluso questa ipotesi, sia con la sinistra radicale di Lafontaine, ma anche quest’ultimo finora l’ha esclusa. Difficile dire come andrà a finire, ma si capisce perché Schröder a caldo abbia detto di “essere fiero del popolo tedesco”, che ha dimostrato che la Germania è un “paese sovrano” che non si fa condizionare dalle campagne dei media.
In Germania e in Europa esiste dunque lo spazio per il riformismo; ma non si dà riformismo senza partiti solidi, radicati e culturalmente autonomi. Da non sottovalutare le conseguenze in Italia: mentre non costituisce particolare sorpresa l’ennesima prova che il circo mediatico nostrano e i suoi “intellettuali organici” di (apparente) diverso colore politico non siano altro che un’appendice subalterna di uffici stampa e propaganda ubicati fuori dalle nostre frontiere, più significativo è l’impatto duplice – e negativo – del voto tedesco non solo su Berlusconi (che avrebbe potuto trovare nuova linfa in una decisa svolta a destra in Germania e che ora appare invece spacciato) ma soprattutto sui numerosi ammiratori di Frau Merkel annidati nel centrosinistra, che mal sopportano la costruzione in Italia di una robusta forza riformista.