Noi qua Casini non lo capiamo. Prima fa l’assistente di Arnaldo Forlani crescendo nei corridoi gelatinosi di una Dc cerchiobottista. Poi, con il sistema maggioritario e sotto il governo dell’Ulivo, diventa un agit-prop dell’opposizione prodigo di battute da avanspettacolo. Vinte le elezioni, conquista il ruolo di uomo delle istituzioni e la correttezza di qua e la correttezza di là, e le regole di sopra e lo spirito costituzionale di sotto. Quindi, siccome serve una scossa – “altrimenti si perde” – chiede il ritorno alla legge proporzionale a pochi mesi dal voto. Poi ancora macchina indietro, ma solo un pochino e per esigenze meramente tattiche: “E’ necessario un dialogo tra maggioranza e opposizione e, soprattutto, una convinzione comune che non mi sembra ancora manifestarsi all’interno della maggioranza”.
Ma in quale tonnara nuota il presidente della Camera?
I democristiani classici hanno due difetti, o qualità, a seconda dei punti di vista: pensano di essere i più furbi e vogliono sincerarsene con una prova sperimentale. Cioè: prima imbastiscono arabeschi logico-tattici scommettendo che i dirimpettai – alleati ed elettori – utilizzino il loro stesso codice razionale, poi vanno alla pugna elettorale come a un’ordalia, sbavando per un segno positivo in percentuale. Quanti siamo, mille, un milione in più? Noi pensiamo che Casini e i suoi, anche se dovessero pigliare più voti dell’ultima volta, dovrebbero porsi una domanda esistenziale: manfrine a parte, che pesci vogliamo essere? Quei tonni di Forlani?