Apologia di Kate Moss

Il 10 Novembre sarà disponibile nei negozi H&M la collezione Autunno/Inverno disegnata da Stella McCartney. Dopo l’esperienza con Karl Lagerfeld, guru per Fendi e Chanel, quest’anno i modelli di punta della catena svedese – l’Ikea dell’abbigliamento, se solo permettessero di rifinire a casa gli orli e attaccare bottoni – sono stati affidati alla stilista inglese e noi, ragazze di mondo, progettavamo di prendere la mattinata libera e approfittare della prima scelta. Forse il programma è da ripensare.
Dalle fattezze del viso in cima ai bozzetti, i trenta pezzi sembrano pensati e disegnati intorno alle ossa di Kate Moss. Niente di cui stupirsi: la prima collezione McCartney, presentata nel 1995 come “saggio di fine anno” al London’s Central St Martins College of Art & Design, fece notizia – oltre che per la presenza tra il pubblico di Sir Paul nei panni del genitore apprensivo – perché tra le amiche smilze reclutate per l’occasione sfilarono professioniste come Naomi Campbell e Kate Moss, l’icona. A ventuno anni la ragazza di Croydon, bella e tormentata e sottile da togliere il fiato, era già nella categoria di modelle che rendono famosi gli abiti che indossano. Stella l’idea, Kate la forma: dieci anni dopo, le due sembrano ancora inseparabli. O quasi.
Perché poi succede che il Daily Mirror decide di pubblicare fotogrammi sgranati del corpo più sensuale d’Inghilterra colto nell’intimità di uno studio di registrazione in compagnia del fidanzato Pete Doherty – musicista talentuoso che si farebbe di Nutella, se fosse illegale – e altri amici. Tra cui quello che la riprende mentre prepara le oramai proverbiali “venti strisce di coca in quaranta minuti” (o era il contrario?). Insomma, la notizia è che Kate Moss – quattordicenne sottopeso dal 1988, “ragazza cattiva” delle cronache e incarnazione sublime di Mademoiselle Chanel, un passato documentato di feste e disintossicazioni – fa disinvolto uso di cocaina. Mio Dio. E magari avrà anche vomitato, qualche volta.
Pare che quelli del Mirror fossero sulle sue tracce da luglio, dopo essere stati querelati per averle dato della drogata. Le foto del contrappasso rimbalzano dappertutto. Per qualche ora il silenzio viene interrotto solo dalle esternazioni della modella: prima prende a parolacce i cronisti fuori da un ristorante di New York; poi chiede perdono, devastata e contrita, per aver fornito evidenze di comportamento irresponsabile e promette una disintossicazione esemplare in tempi brevi. In un mondo normale, la storia sarebbe finita così: pubbliche scuse e privata ipocrisia. Invece no. H&M decide di non sentire la necessità di una cocainomane conclamata per la campagna pubblicitaria di una collezione ispirata alla stessa cocainomane ma in assenza di prove. Gli altri contratti crollano a domino. Al danno, Burberry aggiunge la beffa: per il suo posto si fa il nome della pia Sienna Miller. Una che è bella perché Kate Moss ha imposto al mondo che le donne fatte così sono belle. Una che, per via di certe altre illazioni su ménage affollati, ha proibito al fidanzato Jude Law di frequentarla. Kate manda a dire di non sentirsi più molto a suo agio, in Inghilterra.
Prende un aereo verso il Nulla, Arizona, e chiede di essere ricoverata presso la raccomandatissima Meadows Clinic: trenta giorni di riabilitazione e isolamento. Da lì può solo far recapitare i regali per il terzo compleanno della figlia, Lila Grace. Il padre della bambina promette e giura che la Moss sia una mamma meravigliosa; nel frattempo a Londra si indaga sull’opportunità di lasciare la piccola alla custodia materna. E se sia il caso di incriminare la modella per l’influenza che i suoi comportamenti, quando immortalati, possono avere sulle giovani menti. A raccontarla tutta, non sembra che in questo teatrino sia Kate Moss a fare la figura peggiore. Forse sarebbe opportuno presentarsi da H&M, quella mattina, indossando la maglietta (disponibile in rete) che ritrae i suoi leggendari lineamenti e sotto la scritta “Persecuted”. In segno di protesta, non compreremo niente. O quasi.