Sui giornali di domenica, ha fatto notizia il messaggio inviato da Papa Benedetto XVI all’Onorevole Senatore Marcello Pera, Presidente Onorario della Fondazione Magna Carta, in occasione dell’incontro di studio sul tema Libertà e laicità. Capiremmo se la notizia fosse: nel bel mezzo del messaggio augurale, una lunga proposizione subordinata se ne sta sola soletta, senza uno straccio di proposizione principale che la regga. “Se appare legittima una sana laicità dello Stato”, scrive il Papa, ma si dimentica il resto, sicché non si comprende cosa mai debba seguire a una così gentile concessione, o cosa invece il Papa non concederebbe mai. Ma i giornali si limitano a citare riguardosamente, senza impugnare la necessaria ma irriverente matita blu. La notizia pare sia invece: secondo il Papa della Chiesa cattolica, i diritti non sono creati dal legislatore; lo Stato laico deve dar spazio al senso religioso dell’animo umano. Una laicità “sana” e “positiva” non è affatto ostile alle convinzioni religiose di singoli e gruppi, ma consente loro di viverle e manifestarle.
Ovviamente, questa non è una notizia, nel senso che il pensiero espresso dal Papa è in linea con la tradizionale dottrina cattolica. E siccome nessuno vuole alzare steccati, diremo pure che si può concordare largamente con il Papa, in questo modo: i diritti fondamentali degli individui non sono una concessione dell’autorità statale, che li riconosce e li tutela, ma non li crea, e dunque non li distrugge neppure (sul ricondurli ultimamente al Creatore, si può lasciare libertà di opinione); e la libertà religiosa, di cui è possibile godere in uno Stato, è certamente un indice prezioso per valutare il tenore liberale di quello Stato. Proprio per dar spazio al senso religioso di ciascuno, bisogna però mettere ogni cura – il Papa ne converrà – nell’evitare che quello spazio sia occupato da una sola confessione religiosa, a detrimento di altre. Bisognerà pur dire, infine – senza spirito polemico, ma solo perché la rivendicazione delle radici pare alla Chiesa e al Presidente Onorario cosa importante e irrinunciabile – che la dottrina filosofico-giuridica cattolica non è arrivata per prima e non è arrivata da sola a interpretare in senso liberale il modo in cui coniugare diritti della persona e autorità sovrana.
Così essendo d’accordo con l’alto magistero di Papa Benedetto XVI, possiamo disporci alla lettura del discorso del Presidente Pera. Valorizzando in particolare il modo in cui il Presidente ha concluso il suo rotondo intervento: “Non si tratta di recuperare vecchi schemi illuministici da Rivoluzione francese, si tratta piuttosto di trasformare i princìpi e i valori della nostra tradizione cristiana in abiti, costumi, comportamenti consapevoli e vissuti della società e lasciare al libero corso della politica avvertita di tali princìpi e valori la determinazione della loro evoluzione nelle leggi e nelle istituzioni”.
Anche stavolta non alziamo steccati. Che singoli, partiti o gruppi si propongano di vivere cristianamente nella società, che essi intendano promuovere una politica “avvertita di tali principi e valori” rientra perfettamente nei diritti di quei singoli, partiti o gruppi. Anche se non è la nostra, l’idea di una “religione civile cristiana non confessionale” può ben essere la pietra d’angolo di una “dottrina conservatrice o neo-conservatrice”, come lo stesso Presidente l’appella, riconoscendo peraltro che l’insistenza sulla tradizione “come fonte delle nostre politiche e come limite delle nostre innovazioni” stride con i principi classici del liberalismo. Se infatti è il liberale Pera a riconoscere che “il liberalismo (e anche la democrazia) concepisce la tradizione come un dato irrilevante o di scarso peso”, non saremo certo noi a dire il contrario.
Però nella citata conclusione il Presidente assegna alla politica il compito di determinare il modo in cui quei principi e quei valori tradizionali camminino “dentro le leggi e le istituzioni”. Qui non si tratta più soltanto della società, ma appunto: delle leggi e delle istituzioni. E qui non siamo noi a erigere steccati, ma è la tradizione stessa che si erge a steccato. Steccato assai robusto, peraltro. Il Presidente segnala il caso “di particolare valore e attualità politica”, che riguarda “le istruzioni e raccomandazioni religiose come impartite dalla Chiesa, ad esempio nel Compendio del catechismo della Chiesa cattolica, riguardo a questioni cruciali come la guerra, la vita, il matrimonio, la famiglia”. E la domanda è: “queste istruzioni e raccomandazioni sono di per sé legge morale che si deve trasformare in legge politica? Se si risponde sì, il rischio grave potrebbe essere quello noto del connubio fra trono e altare. Se si risponde no, il rischio è quello di essere risucchiati dal vecchio laicismo. Dov’è la via di mezzo?”.
Il rovello è dunque: come mediare fra il catechismo di una Chiesa e la legge dello Stato? Lasciamo pure che il Presidente del Senato della Repubblica italiana mediti a fondo su un così aspro dilemma, e torniamo alla laicità sana e positiva di Papa Benedetto, per domandare: nello spazio che le convinzioni religiose devono secondo il Papa vedersi riconosciuto, non staranno un po’ strettini i non cattolici, qualora il Presidente Pera trovasse al fine la via, e, spaventato dal risucchio, prendesse un bel po’ di quello spazio per la civica catechesi degli italiani?