La carriera di George Gregan, trentadue anni, mediano di mischia australiano, ha certamente avuto momenti migliori. La sua Australia infatti ha disputato un Tri Nations deludente la scorsa estate e sabato, nel primo test match della stagione autunnale, che vede le grandi nazionali dell’emisfero australe in tournée qui al nord, è stata piegata dalla Francia per 26-16. Tutto ciò mentre gli arcirivali neozelandesi passeggiavano sul Galles a Cardiff (41-5 il finale per gli ospiti).
Tuttavia, scendendo in campo a Marsiglia, Gregan ha stabilito un record: si trattava della sua centosedicesima partita con la nazionale, il che fa di lui il giocatore con più presenze nella storia del rugby internazionale. L’inglese Jason Leonard, ora ritirato, ne vanta 115 con la propria nazionale, più altre cinque con i British Lions che è dubbio se debbano essere computate, ma in ogni caso il tempo è dalla parte del campione australiano.
Gregan è arrivato a questo record, come sua abitudine, in punta di piedi. Quando esordì, nel ’94, a ventun’anni, si trattava di sostituire una leggenda. Nick Farr Jones, ritiratosi l’anno precedente, per tutta l’Australia il capitano della Coppa del mondo. Uno, per dire, che assieme ai compagni Lynagh e Campese costituiva quella che la stampa chiamava “the holy trinity”. Gregan è “entrato nelle scarpe” di uno così, e già questo dovrebbe far capire di che pasta sia fatto. Dal suo esordio è stato pressoché ininterrottamente il mediano titolare della squadra australiana, e in seguito anche vicecapitano e capitano, per oltre cento partite in dodici anni.
Il ruolo di mediano di mischia è tra quelli perennemente coinvolti nel centro dell’azione, facilmente è il giocatore che tocca più palloni, eppure è anche un ruolo che può essere interpretato con indoli molto diverse, in maniera appariscente e spettacolare, o più riservata. Ecco, Gregan è uno che si nota poco. Alto appena un metro e settantatre per settantanove chili, è uno dei giocatori più piccoli sulla scena internazionale. Benché ci siano stati e ci siano nel suo ruolo altri interpreti più esplosivi ed estrosi di lui, sorretti anche da una maggiore prestanza atletica, la regolarità, la rapidità e la precisione nei passaggi e la pulizia del gioco del mediano australiano ne fanno un campione assoluto. Uno che si nota poco, ma di cui si noterà moltissimo l’assenza quando abbandonerà il campo.