Gli slogan sono apriscatole. Poniamo che tu, per dirla con De André, hai un mondo nel cuore. Bene: una frase in cui ti riconosci – urlata o scritta fa lo stesso – è in grado di scoperchiare quel mondo tutto intero. Gli slogan sono propellente per i sentimenti e marcatori di identità. Ripetuti come un mantra o secchi come una frustata, hanno tutto: appartenenza, progetto, fiducia. Quando ne senti o ne leggi uno che ti garba, dici sì, forte, potrei averlo pensato io. Lo slogan è fatto di densità semplice, è un concentrato di pomodoro. L’essenza dei concetti tutta dentro. Me ne frego, Soviet + Elettrificazione = Socialismo, Ein Volk Ein Reich Ein Führer sono un’efficace salsa pronta da sbattere in pentola e mescolare ben bene.
E adesso – per favore – prendete Venti di centro, il nuovo claim della campagna Udc. E prendete pure il militante che lo urlerà con maschia protervia ai comizi di Giovanardi. Ci siete? Volete che l’ideatore non sappia che il vento di quel militante è in realtà la somma zero di tramontane e libecci, cioè una sana e rassicurante bonaccia? Perché il mondo-nel-cuore del marinaio Udc è un bel pareggino elettorale. E poi tutti a cincischiare cinque anni in rada.