Che Ivano Fossati esca il 3 febbraio con un nuovo album – L’Arcangelo – ci fa un immenso piacere. Per due ragioni: perché Fossati ci piace e perché abbiamo ascoltato Cara democrazia, il pezzo che verosimilmente sarà il biglietto da visita di questo ritorno e che è una bella canzone. Nel testo, innanzitutto. Se nel cantautorato definito “impegnato” la democrazia soppianta la gucciniana fiaccola dell’anarchia, la sinistra non può che giovarsene. E non si tratta – sia chiaro – di un rigurgito ottocentesco, epoca in cui definirsi democratici significava essere bollati come pericolosi rivoluzionari. Cara democrazia è un grido dolente e modernissimo con il quale l’artista genovese chiede il ripristino della normalità contro le “democrazie pubblicitarie, democrazie allo stadio, democrazie quotate in borsa, fantademocrazie”. In un’intervista per il lancio del disco, Fossati confessa di voler “essere governato da uno come Beppe Grillo”. E qui – spiace fare i pignoli – finiscono i benefici per la sinistra. Perché il populismo qualunquista è stato sempre reazionario, mai democratico.