Nel giornalismo si utilizza spesso l’espressione “ritagliarsi un proprio profilo”, a intendere quell’insieme di dichiarazioni solenni, gesti simbolici, atti di rottura – non importa se dolorosi oppure a buon mercato – che nel corso del tempo vanno a ridefinire l’immagine di un uomo politico. Ritagliandosi un proprio profilo, sostantivo cui quasi sempre si fa seguire l’aggettivo “istituzionale”, il leader si allontana da schemi e rituali della propria parte per meglio rivolgersi all’insieme dell’elettorato. E prima ancora che a questo, a tutti quegli interlocutori che con la politica e soprattutto con i politici hanno tradizionalmente a che fare: industriali, intellettuali, cardinali e via elencando. Ma Walter Veltroni oggi il suo nuovo profilo istituzionale se lo è ritagliato su alcuni foglietti che un giornalista, Edoardo Sassi, ha ritrovato sui banchi del Consiglio comunale capitolino e sabato non ha mancato di pubblicare sul Corriere della sera, rendendo così un servizio di valore inestimabile alla chiarezza del confronto politico. Un servizio tanto più prezioso in apertura della campagna elettorale.
“Mi dice Fassino che siamo a + 5 per il CS” scrive Walter all’amico Pier Ferdinando, passandogli il bigliettino di sotto il banco dell’aula Giulio Cesare in cui si sta celebrando la giornata in memoria delle foibe, come ogni studente ha sempre fatto in simili occasioni per ingannare la noia o per copiare il compito del compagno. “Comunque sono tutti matti – prosegue il sindaco – il paese non uscirà dai guai. Né con Caruso né con Borghezio. E’ il momento di scelte alte, coraggiose. Ma non mi sembra questo lo spirito del tempo”. E non sia mai detto che Walter Veltroni vada contro lo “spirito del tempo”.
La replica di Casini è un raro esempio di sintesi e chiarezza espositiva: “Fino al 9 aprile non può succedere nulla di diverso. Poi vedremo. Perché se il CD migliorerà un poco (-3 per es.) il Senato sarà imballato”. Proprio così: “imballato”. Chi avesse ancora il minimo dubbio sul vero motivo che ha spinto Casini a pretendere dalla sua maggioranza l’approvazione di questa infame legge elettorale, che al Senato – per l’appunto, vorremmo dire – prevede un’insensatezza quale il premio di maggioranza su base regionale, mediti a lungo il significato di queste illuminanti osservazioni: “Se il centrodestra migliorasse un poco… il Senato sarebbe imballato”. Parola della terza carica dello Stato, Presidente della Camera dei Deputati Pier Ferdinando Casini, chiuso in camera caritatis con il sindaco di Roma. Lo stesso Walter Veltroni da tanti già incoronato leader di un centrosinistra e di un Partito democratico liberati sia dell’ingombrante guida prodiana sia della fastidiosa tutela ex comunista. Fuori Prodi, D’Alema, Fassino e tutti quelli che a fare pari e patta non pensano nemmeno; dentro Casini, Follini e tutti gli imprenditori e gli intellettuali che abbiano capito che oggi è venuto finalmente il tempo delle scelte alte e coraggiose. Giusto la settimana scorsa commentavamo qui l’articolo di Edmondo Berselli sull’Espresso in cui si parlava del “partito di Super Luca”, alias Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Confindustria. Invitiamo a rileggere quel passaggio, perché la girandola dei bigliettini è assai più nutrita di quel che sembra. Dove non poterono le intercettazioni dei magistrati arrivò il cronista del Corriere. Ed eccoli qui, i foglietti del quartierino.
C’è però in tutta questa vicenda e nella sua tempistica una sottile ironia della storia. Proprio venerdì scorso, infatti, l’ex segretario dell’Udc Marco Follini è tornato a spiegare la sua posizione: Berlusconi appartiene al passato e il centrodestra farebbe bene a liberarsene. Follini naturalmente non può candidare al posto del Cavaliere altri che il leader del suo partito, Casini, ma non inganni il rituale democristiano. Perché nel frattempo, invece, l’Udc si è liberata di Follini, con la benedizione del presidente della Camera, evidentemente convinto che il tempo delle scelte alte e coraggiose non fosse ancora venuto. E che dire di Veltroni? Il suo Caruso, Nunzio D’Erme, il sindaco se lo è portato perfino in Consiglio comunale. Mai si è lasciato scappare una sola parola men che riguardosa nei confronti dei no global, dei girotondi e di tutti coloro con i quali oggi ritiene impossibile che il centrosinistra possa riuscire a governare. Quando D’Alema tentava la strada delle riforme istituzionali o si scontrava con i sindacati, quando Fassino si batteva corpo a corpo con i vari Nanni Moretti e Flores d’Arcais, dov’era Walter Veltroni? Non era ancora venuto, allora, il tempo delle scelte alte e coraggiose? Il meno che si possa dire è che allora il sindaco sia stato ben attento a tenersi lontano dal fischiare delle pallottole. Il peggio che si possa dire è che abbia passato non poco tempo nelle retrovie, scambiando bigliettini certo non meno significativi con tutti coloro che dal congresso di Pesaro in avanti si sono battuti contro la svolta riformista dei Ds. La stessa definizione di “correntone” nacque non a caso in occasione di quelle assise, a significare la confluenza dei veltroniani nella sinistra storica, che allora come oggi cantava viva la libertà di sfilare insieme ai no global e alle mille anime sparse della sinistra radicale. Quell’Italia del no che oggi fa inorridire il sindaco della Capitale, tanto restio ad andare contro lo “spirito del tempo” da esserne purtroppo divenuto un simbolo.