Kate Beckinsale ha un incisivo inferiore leggermente storto, e questo ci dice due cose. La prima è che il numero di primi piani del suo viso in Underworld Evolution è decisamente elevato. La seconda è che non ha, al netto di un probabile body double per un accoppiamento vampirescamente sensuale, alcun altro difetto fisico registrabile. A ben vedere il comprensibile – per una vampira di circa seicento anni – difetto dentale dice anche una terza cosa. Se abbiamo passato tanto tempo a osservare ogni dettaglio della bella Selene, è perché in sala non c’era troppo altro da fare, tra una sanguinosa battaglia e la successiva.
Il primo Underworld, giusto due anni fa, era girato attorno a un’idea originale, una specie di guerra civile tra le creature della notte, iniziata in epoca remota e durata fino ai giorni nostri: vampiri contro licantropi. Il modo in cui le due schiere erano descritte – elegantemente snob i vampiri, nei loro sontuosi palazzi; brutti sporchi e sottoproletari i licantropi, nascosti in rifugi sotterranei – e l’immancabile grande complotto (tutto ciò che sai è falso) aiutava la fantasia dello spettatore a esercitarsi nei più arditi paralleli con scontri di civiltà più e meno fantastici. Underworld Evolution continua esattamente dove si era interrotto il capostipite: i “lican” sono sconfitti e dispersi, restano disobbedienti, ma sono più che altro un disturbo ambientale. Il traditore Kraven, colpevole di intelligenza col nemico, viene tolto di mezzo nelle battute iniziali, mentre il vecchio ordine vampiresco, basato sulla menzogna, è finito (i suoi compromessi leader erano già stati eliminati nel primo film). Il tutto prende ora una piega più prevedibile, con i protagonisti che alternano l’esigenza di sopravvivere alla scoperta degli ultimi tasselli sulle origini di vampiri e licantropi, mentre Selene si muove e spara come Lara Croft ha insegnato a tutte le eroine postmoderne. Ma lo scarso aiuto da parte dello sceneggiatore non sarà certo di impedimento allo spettatore allenato, e dunque eccoci: il tema è la costruzione di un nuovo ordine dopo la scomparsa del precedente, con annesso dibattito sull’identità e sulle radici. La ricerca di padri nobili si conclude, manco a dirlo, in una delusione. Vecchio e avvilito, il patriarca Corvinus non ha la tempra per fare le scelte dolorose e necessarie a un taglio col passato. Ma anche le giovani leve deludono. Michael, metà vampiro e metà licantropo, ha grande potenziale, e potrebbe essere il leader del futuro – l’evoluzione vagheggiata nel titolo – ma non ha ancora sufficiente consapevolezza ed esperienza per esercitare il ruolo. Tocca quindi alla pragmatica Selene assumersi le responsabilità del caso, e fermare un tentativo di restaurazione che rischia di portare la società dei vampiri indietro di seicento anni. Selene è stata un’agente di morte, un quadro del vecchio regime, ma non è compromessa con gli errori della precedente leadership, e nonostante il cruento lavoro di killer conserva una spiccata moralità. A proposito dell’eventualità di succhiare sangue umano osserva: “Non vorresti avere questo sulla coscienza”. Come direbbe Angel – storico fidanzato dell’ammazzavampiri Buffy – avere un’anima è di moda.