Credo che sia piuttosto triste, riflettendo sullo stato attuale della scienza politica, constatare che la nostra terminologia non fa distinzione fra certe parole chiave come “potere”, “potenza”, “forza”, “autorità” e, infine, “violenza”, ciascuna delle quali si riferisce a fenomeni diversi e distinti […]. Usarle come sinonimi non solo indica una certa sordità ai significati linguistici, che sarebbe già abbastanza grave, ma ha anche dato adito a una certa cecità rispetto alla realtà cui corrispondono. […] Dietro la confusione apparente c’è un fermo convincimento alla luce del quale tutte le distinzioni avrebbero, nel migliore dei casi, un’importanza relativa: la convinzione che l’aspetto politico più sostanziale è, ed è sempre stato, la domanda: chi comanda a chi? Potere, potenza, forza, autorità, violenza non sono altro che parole per indicare i mezzi attraverso i quali l’uomo domina sull’uomo; sono considerati sinonimi perché hanno la stessa funzione. È soltanto dopo che si sarà rinunciato a ridurre gli affari pubblici all’esercizio del dominio che i dati originali nel campo degli affari umani appariranno, o piuttosto, riappariranno, nella loro autentica diversità.
(Hannah Arendt, Sulla violenza)
a cura di Marco Beccaria