Che cosa hanno in comune Alessandro Baricco e Robert Musil? In due righe, si potrebbe rispondere facilmente osservando che cosa evidentemente non hanno in comune: il posto che occupano nella letteratura del Novecento. Ma forse nemmeno Musil si sarebbe potuto permettere un intero articolo in prima pagina sul secondo giornale del suo paese per manifestare la propria indignazione dinanzi all’ardire di due autorevoli critici come Citati e Ferroni – due “mandarini della nostra cultura”, secondo il preoccupato Baricco – colpevoli di aver liquidato alcuni suoi libri con due righe sprezzanti, in articoli dedicati a tutt’altro. Una replica di ottomila-cinquecento-trentacinque caratteri spazi inclusi, quella di Alessandro Baricco. Centosei righe contro due. Più tutte le repliche e contro-repliche, con annesse disquisizioni sulle nuove mappe del potere letterario (indiscutibilmente assai attinenti al tema). Ma torniamo a Musil, autore del passo che riportiamo di seguito.
“E un giorno anche Ulrich smise di voler essere una speranza. A quel tempo s’incominciava già a parlare di geni del foot-ball e del ring, ma nelle cronache dei giornali trovava posto tutt’al più un geniale centro-avanti o un grande tennista ogni dieci geniali inventori, tenori o scrittori. Lo spirito nuovo non si era ancora saldamente affermato. Ma proprio allora Ulrich lesse su un giornale, come il primo presagio di una rigogliosa estate, la frase «un geniale cavallo da corsa». Era la cronaca di un sensazionale concorso ippico, e forse l’autore non era neanche cosciente della straordinaria trovata che lo spirito collettivo gli aveva suggerito […] Durante tutta la sua gioventù trascorsa nelle caserme, Ulrich non aveva quasi udito parlare d’altro che di cavalli e di donne; sfuggito a quell’ambiente per diventare un uomo notevole, ecco che, quando, dopo alterne vicende, avrebbe dovuto sentirsi vicino alla meta dei suoi sforzi, lo salutava di lassù il cavallo geniale che era arrivato prima”.
Riformuliamo dunque la domanda iniziale: che cosa hanno in comune le ottomilacinquecentotrentacinque battute di Baricco con le mille qui riportate? Si potrebbe dire che i due mandarini, Ferroni e Citati, abbiano letto dei successi di Baricco con lo stesso animo con cui Ulrich leggeva del geniale cavallo. Frustrati e invidiosi, secondo il classico schema del vecchio intellettuale incapace di comprendere i tempi nuovi, avrebbero riversato il loro disprezzo in quelle famose due righe. Così almeno sembrerebbe pensarla Baricco. Ma si potrebbe anche osservare – seconda ipotesi – che Alessandro Baricco non è Pietro Taricone e tantomeno uno dei fratelli Vanzina, non è l’autore amato dal grande pubblico e snobbato dai soliti intellettuali di sinistra con la puzza sotto il naso. Gode di ottima stampa e di selezionatissime amicizie, innanzi tutto tra quegli intellettuali. Il fatto stesso che a due righe irriverenti possa replicare scrivendone centosei sulla prima pagina del secondo quotidiano del paese dimostra che di questo mondo della cultura di cui Ferroni e Citati sarebbero i mandarini, Baricco non è certo un servo della gleba. Secondo questa ipotesi non ci sarebbe dunque nessun parallelo tra il passo di Musil e l’articolo di Baricco, perché nella polemica attuale non ci sarebbero né cavalli né pagine sportive, ma solo tenori in lotta tra loro per chi debba aprire la stagione della Scala (o le pagine culturali dei migliori giornali).
Si potrebbe però anche dire – terza e ultima ipotesi – che Baricco sia effettivamente il cavallo geniale che annuncia i tempi nuovi, ma che quei tempi nuovi siano già andati talmente avanti che l’intero circuito della “cultura alta” si è ormai trasformato in una gigantesca pagina sportiva. Stessi criteri, stesso stile, stessa consistenza. Il cavallo geniale, Baricco, si è già impadronito di tutto: salotti letterari, grandi giornali e cenacoli intellettuali. Ferroni e Citati hanno perso definitivamente il treno. Tristi e solitari nei loro vecchi salotti, sempre meno frequentati da politici e attricette che affollano invece casa Baricco, sfogano in quelle due righe la loro rabbia.
Quanto a noi, Baricco lo abbiamo recensito qui, in più di due righe e in modo tutt’altro che malevolo. Ma preferiamo lasciare all’intelligenza del lettore la scelta fra le tre ipotesi sopracitate. Puntate dunque sul cavallo che preferite. In fondo, si tratta solo di questo.