Visibilmente dolorante, come tanti di noi si sono mostrati davanti ad arcigni esaminatori in tempi di interrogazioni e compiti in classe, dopo avere giustificato la propria assenza con problemi di salute, all’ultimo minuto Silvio Berlusconi ha fatto il suo zoppicante ingresso al convegno confindustriale di sabato. A metà del dibattito, però, il Cavaliere è saltato su dalla sedia come fosse improvvisamente rinato a nuova vita, urlando con quanto fiato aveva in gola tutta la sua rabbia contro i grandi giornali (Corriere della sera, Stampa e Sole24ore per primi) e soprattutto contro gli imprenditori schierati con il centrosinistra. Imprenditori quali Diego Della Valle, seduto in prima fila, ansiosi di nascondere i propri scheletri nell’armadio sotto la protezione delle procure, a loro volta controllate da Magistratura democratica e per questo tramite dagli avversari politici del premier imprenditore.
In pochi secondi Berlusconi ha così offerto la summa del suo pensiero politico: la congiura delle elite, annidate in tutti i gangli vitali della società – grandi giornali, associazioni di rappresentanza, procure della Repubblica – schierate contro di lui, autentico e solo rappresentante del popolo in lotta contro l’establishment. Non a caso Andrea Pininfarina, al termine del convegno, ha parlato di un intervento pronunciato in stato di confusione mentale. Ma forse è l’intera Casa delle libertà a essere ormai in stato di confusione mentale. Dopo le dimissioni del ministro leghista Calderoli, quelle del ministro di An Storace e ora il caso diplomatico provocato dalle dichiarazioni del ministro udc Carlo Giovanardi – che ha equiparato la legislazione olandese sull’eutanasia al nazismo – verrebbe da chiedersi se poi siano davvero Forza Italia e il suo leader l’autentica anomalia del centrodestra. L’eutanasia della maggioranza cui Silvio Berlusconi tenta di fare fronte caricando a testa bassa contro tutti, sempre più isolato nel paese e apertamente sconfessato dai suoi alleati, è certamente un ben triste spettacolo. Ma al voto mancano ancora venti giorni e lo spettacolo deve continuare. Per ironia della sorte, l’uomo della televisione sembra costretto a soccombere dinanzi alla crudele legge dello show-business.
Eppure, a osservare con attenzione gli avvenimenti, c’è della razionalità in tanta follia. Finché c’è stata anche solo una lontana possibilità di riaprire la partita, se non altro in direzione di quel pareggio da tanti apertamente e meno apertamente auspicato, Fini e Casini hanno accettato la sostanziale archiviazione di ogni velleitario schema a tre punte, lasciando a Berlusconi il centro della scena. Dalla polarizzazione dello scontro Forza Italia ha tratto beneficio a danno di An e Udc, com’era prevedibile, ma non ha minimamente intaccato il vantaggio dell’Unione. Il faccia a faccia con Prodi è stato per Berlusconi la prova d’appello agli occhi dei suoi alleati. Perduto anche quello, dinanzi a Fini e Casini si è profilato uno scenario da incubo: una netta e irrecuperabile sconfitta elettorale unita a un pesante ridimensionamento dei loro rispettivi partiti a favore di Forza Italia, con la conseguente riaffermazione dell’egemonia berlusconiana sull’alleanza anche dall’opposizione. A tale scenario catastrofico sono state dedicate senza dubbio le lunghe telefonate intercorse tra i due all’indomani del confronto televisivo tra Prodi e Berlusconi. Di qui le loro incredibili dichiarazioni sugli errori commessi dal premier rilasciate a tutti i giornali.
Simili al fratello del defunto re di Danimarca nel giorno del suo matrimonio con la regina, con un occhio lieto e un occhio lacrimante, soppesando attentamente l’entusiasmo per la riconquistata libertà e il lutto per la perdita del governo, Fini e Casini hanno così celebrato la loro unione dinastica dinanzi alla tomba del berlusconismo. Qui potrebbe dunque calare il sipario, con l’Unione vittoriosa che fa il suo ingresso in una corte deserta, in cui le trame dei cospiratori e i duelli all’ultimo sangue tra i diversi pretendenti al trono hanno da tempo liberato il passo ai nuovi venuti. Ma Fini e Casini non sono Claudio e Gertrude. E Silvio Berlusconi non ha alcuna intenzione di lasciarsi confinare al ruolo di un fantasma del passato. Il grido di battaglia lanciato dal Cavaliere al convegno confindustriale di sabato non è affatto lo sfogo di un uomo in stato di confusione mentale. E’ invece la scelta meditata di un leader politico che ha messo nel conto di perdere la guida del governo, ma che non ha alcuna intenzione di perdere la guida dell’opposizione. Anche perché di un eventuale governo di larghe intese, magari presieduto proprio da Luca di Montezemolo, Berlusconi sarebbe il naturale capro espiatorio. Per questa ragione il Cavaliere si è lanciato alla carica, costringendo Fini e Casini a smentire se stessi e i loro cauti distinguo nelle polemiche della vigilia. Silvio Berlusconi, che è un amante di Shakespeare e che nei panni dell’eroe shakespeariano si trova decisamente a suo agio, probabilmente ne concluderebbe che i suoi alleati – quelli “nonostante i quali” ha governato in questi anni, come ha ripetuto anche sabato – sono al massimo due novelli Rosencrantz e Guildenstern. Cospiratori inconsapevoli, vittime predestinate di un gioco più grande di loro.
Nella scelta di restare all’attacco fino alla fine c’è dunque un elemento strategico che è da sempre il vero asse della politica berlusconiana, che punta ad accreditare il leader quale motore di una rivoluzione/restaurazione sociale ad ampio spettro, che va dalla Confindustria ai commercianti (vedi l’aperta strumentalizzazione della manifestazione di Milano). E’ una linea da leader dell’opposizione, che non può essere sostenuta dal presidente del Consiglio a capo di una maggioranza ampia e variegata – anche sul terreno dei suoi riferimenti sociali – senza consegnare all’avversario una vittoria schiacciante, compattando attorno alla propria leadership le frange più radicali e allontanandone inevitabilmente i moderati. Ma se questa è la strategia del premier, se davvero le sue sempre più frequenti esibizioni non sono semplicemente il frutto di uno stato di confusione mentale, la sconfitta della Casa delle libertà è già nel conto. Senza dimenticare che in una Cdl ridotta ai minimi termini, il peso relativo di Forza Italia – con un risultato dopato da una simile campagna elettorale – è destinato a crescere.
Soltanto i prossimi giorni diranno se una tale lettura delle ultime scelte del premier è corretta. Ma quali che siano le intenzioni di Silvio Berlusconi, appare ormai difficilmente contestabile che la polarizzazione e l’avvelenamento della campagna elettorale porteranno a una vittoria trionfale dell’Unione, con una netta affermazione della lista unitaria. Appare difficilmente contestabile, cioè, il pieno successo della strategia seguita in questi anni da Romano Prodi, con la completa disfatta del partito dei gufi. Le tante interessate previsioni sulla vittoria di Pirro del centrosinistra, la caduta di Prodi e il ricostituirsi di grandi alleanze favorite dalla legge proporzionale sono improvvisamente scomparse dall’orizzonte. La stessa legge elettorale, paradossalmente, sembra avere contribuito non poco alla decomposizione della Casa delle libertà e alla netta affermazione del centrosinistra.
Nel suo intervento al convegno di Confindustria, l’applauso più caloroso Romano Prodi lo ha ricevuto, inaspettatamente, proprio quando ha dichiarato di volere ripristinare il sistema maggioritario. E Montezemolo non ha tardato a esprimere il proprio consenso, lasciando cadere nell’oblio le sue solenni dichiarazioni di appena pochi mesi fa, quando appoggiò esplicitamente la scandalosa riforma elettorale varata dalla Cdl. Ma sull’Italia di appena pochi mesi fa gravavano nubi pesanti, che l’eutanasia della coalizione berlusconiana e insieme la tenuta di Forza Italia sembrerebbero ora destinate a dissolvere. Dopo la scomparsa del gigantesco conflitto di interessi del Cavaliere, paradossalmente, proprio la tenuta della sua leadership nel centrodestra potrebbe dimostrarsi la migliore garanzia del fatto che altri imprenditori non prendano il suo posto per recitare diversamente lo stesso copione. Con la tenuta di Forza Italia ad arginare tentazioni neocentriste, l’intera avventura del premier imprenditore potrebbe rivelarsi così una sorta di bizzarra – e durissima – cura omeopatica.