Il clan della foresta

I Korpiklaani – o “Clan della Foresta” – traggono ispirazione dalla natura e dalla musica tradizionale finlandese per innestarvi robuste gemme di heavy metal classico (deviazione dai canoni: nessuna funerea influenza black) e proporre la loro versione del concetto di “danza attorno al fuoco” gioiosamente a metà tra sabba delle streghe e gita fuori porta, porte infernali incluse.
Spirito guida della band è il vocalist e chitarrista Jonne Jarvela, il cui esordio musicale risale al 1996 con il monicker di Shamaani Duo per un lavoro rigorosamente acustico e tradizionale, cantato in linguaggio Sami. Due anni dopo, forma gli Shaman (omonimi del gruppo metal brasiliano, uno dei motivi alla base del successivo cambio di nome) con i quali incide tre lavori (l’ep “Odda Mailbmi”, ’98, e i full-lenght “Idja”, ’99, e “Shamaniac”, ’02), caratterizzati per l’appunto dal connubio folk-metal. Gli Shaman, peraltro, fanno pendere la bilancia maggiormente dalla parte della tradizione e mantengono l’uso della lingua Sami. La spinta a dar vita ai Korpiklaani è proprio quella, viceversa, di aprire suono e liriche a una maggiore riconoscibilità e diffusione: testi in inglese, quindi – con le debite eccezioni in finlandese – e arrangiamenti più heavy, senza per questo perdere di vista le predilette atmosfere d’origine. “Spirit Of The Forest” (’03) e “Voice Of Wilderness” (’05) li impongono all’attenzione degli appassionati estendendo la loro fama in tutta Europa; ispirati dal vento favorevole, concedono un immediato tris con “Tales Along This Road” (Aprile ’06. Il Clan della Foresta non teme i titoli ovvi, a quanto pare). Qualche cambio nella formazione – al momento, insieme al troll Jonne, Jaarkko “Hitavainen” Lemmetty (violino, flauto, jouhikko); Kalle “Cane” Savijarvi (chitarra); Jarkko Aaltonen (basso); Juho Kauppinen (fisarmonica); Matti “Matson” Johansson (percussioni) – non muta lo scenario e i richiami; orchestrati ancora dal produttore di “Voice Of…”, Samu Oittinen, ed etichettati dalla Napalm Records, ripropongono una vitale miscela d’influenze e linguaggi differenti eppure comuni: dai Jethro Tull al folk irlandese, da Goran Bregovic ai nostrani Modena City Ramblers, da melodie medievaleggianti al metallo teutonico (due influenze presenti nella stessa traccia, “Tuli Kokko”) senza perdere il proprio, peculiare, timbro. Nulla di nuovo rispetto alle precedenti produzioni, tuttavia suonato con grazia e divertimento: le dieci tracce (undici con la bonus track “Fly Like An Eagle”) scorrono con piacevole velocità, correndo più il rischio dell’omogeneità che quello della caduta di tono. In un lavoro così compatto spiccano comunque l’epica “Rise”, la più heavy della raccolta ma anche la più completa e varia; la già citata “Tuli Kokko” che segue la similare “Vakirauta”; “Spring Dance” che dichiara intenzioni e contenuto sin dal titolo e la conclusiva “Hide Your Richess”.
Già in partenza per il tour di presentazione, la carovana – termine qui adatto – del gruppo andrà ad arricchire i festival dell’estate continentale con un suono antico e moderno a un tempo, metallico ma non cupo, tradizionale ma non ingessato. Il suono della foresta quando (raramente, di questi tempi) il sole bandisce l’oscurità.