Cara Left Wing – Dopo aver letto nel numero 109 gli ottimi e arguti Elzeviro, Terza Pagina e La Goccia, un dubbio m’è sorto a riguardo delle tesi di Wittgenstein sul tennis: d’accordo sull’impossibilità di regolare ogni respiro umano, d’accordo sull’impossibilità d’indicare i confini del gioco. E proprio per questo, più che sull’altezza del lob o la regolarità del polsino, m’interrogo su una questione già lungamente posta da un altro filosofo, l’americano John McEnroe: ovvero, se – e quando – il compimento dello sforzo atletico (con nocumento sia pure limitato della colonna vertebrale e dei legamenti del braccio) si concretizza nell’atterraggio esatto dell’oggetto sferico (sul significante biologico di tale forma e della peluria che la ricopre, andrei oltre) per metà esatta oltre la linea che delimita il campo di gioco, perché deve il mio gesto sottostare al libero arbitrio di un ozioso signore comodamente assiso sopra apposita sedia ombreggiata? Insomma, non sarà anche Wittgenstein favorevole a chiamare gli out?
Andrea Montalbò