Prima la politica, poi le banche, ora il calcio. L’Italia non è un paese spaccato in due, come una mela. L’Italia è un paese in via di spappolamento, come una mela cotta. A venire meno – o come minimo a mostrare crepe profonde, sotto i colpi degli scandali ricorrenti – sono le sue strutture portanti: prima un’intera classe dirigente, con l’assetto politico che l’aveva generata; poi le basi del suo sistema economico e finanziario, le banche; ora il principale fenomeno sociale di massa, il calcio, con tutto il suo peso economico, culturale e politico.
Il colpo d’occhio sull’Italia di oggi lascia senza fiato: il Governatore della Banca d’Italia è stato costretto a dimettersi, Cesare Previti è in galera, un comunista è diventato presidente della Camera, un ex comunista è stato eletto presidente della Repubblica e la Juventus rischia di finire in serie B. E tutto questo è accaduto in meno di sei mesi.
A testimonianza dell’incapacità di autoriformarsi del sistema, ogni volta, il disvelamento dell’ovvio avviene secondo lo stesso schema. Così uno stato di fatto consolidato da anni e noto anche ai sassi finisce improvvisamente sulle prime pagine dei giornali attraverso i verbali delle intercettazioni disposte dalla magistratura. Basta scorrere i nomi delle persone e delle società a vario titolo coinvolte negli scandali di oggi, in quelli di ieri e in quelli dell’altro ieri, per rendersi conto di quanto le distinzioni siano superflue: l’intreccio è uno solo e parte dal cuore del capitalismo italiano.
Quale fosse divenuto, da tempo, l’intreccio tra politica, banche e mondo del calcio, Oscar Giannino lo aveva già scritto qui il 6 febbraio di quest’anno. Senza dimenticare quale parte abbiano, in quello stesso intreccio, i grandi giornali che oggi si riempiono di intercettazioni e commenti indignati.
Negli scandali degli anni Novanta, a fare la parte del capro espiatorio finì Bettino Craxi. Negli scandali bancari del 2005 sul rogo purificatore fu gettato Antonio Fazio. Ora tocca a Luciano Moggi provare sulla sua pelle la giostra delle intercettazioni e dei verbali pubblicati sui quotidiani, mentre fior di commentatori trasecolano, mentre a Torino i passanti intervistati dai tg si augurano che ora “gli Agnelli facciano pulizia”, mentre in televisione qualcuno già invoca un “Csm degli arbitri”.
Difficile resistere all’impressione che in fondo si sia appena all’inizio. All’inizio di uno spettacolo che purtroppo abbiamo già visto e che ciononostante deve continuare.