Nessuno tocchi Youri. Sono mesi che sentiamo ripetere la litania del calcio di una volta, dei valori, di andare oltre il denaro e i troppi interessi che gravitano intorno al mondo del calcio, e adesso che ne troviamo uno, vivaddio, che al cuore e alla passione non sa comandare, vorreste alzare il ditino e dirgli che non si fa?
La storia è questa. Youri Djorkaeff, trentotto anni, ex nazionale di Francia (82 presenze), quattro stagioni e una coppa Uefa all’Inter negli anni Novanta, due anni fa decide di chiudere la carriera in America, con i New York Red Bulls (già Metrostars), dove gioca tuttora. Per quanto la cosa possa sembrare assurda ad un europeo, il campionato americano è in corso. Sissignore. Durante-I-Mondiali. Youri sente il richiamo delle radici – Le jour de gloire est arrivé, Aux armes, citoyens, quelle cose lì – e morde il freno. Quando i bleus arrivano ai quarti di finale, contro il Brasile, come in quella finale del ’98, dove lui era in campo, Youri non ce la fa più. Si inventa una scusa come a scuola, un serio e improvviso problema familiare, devo tornare subito in patria. Ovviamente i dirigenti dei Red Bulls lo lasciano partire, ma Djorkaeff non va in Francia, o forse sì, ma poi prosegue. Fino a Francoforte, a vedere Francia-Brasile. Le telecamere lo pescano in tribuna, ed essendo Youri quel che si dice un vip, gli fanno un bel primo piano. Ecco fatto. Beccato come un dipendente ministeriale a casa col certificato medico fasullo. I New York Red Bulls diramano un comunicato che trasuda irritazione, e conclude “We will be addressing the situation with Youri as soon as possible”, ovvero, appena riusciamo a parlargli dovrà darci molte molte spiegazioni.
E qui siamo alla fine. Sul piano del rapporto datore di lavoro-dipendente non ci sono molti dubbi, come professionista Djorkaeff ha sbagliato, nella migliore delle ipotesi a non dire niente dei suoi programmi per il tempo libero una volta sistemato il “grave problema familiare”, nella peggiore a inventare una scusa per lasciare la squadra nel bel mezzo del campionato. Questo per il professionista, ma per il tifoso, per il francese e per lo sportivo passionale come la mettiamo?
Forse i dirigenti di New York potrebbero, una volta riacchiappato il fuggiasco, appendergli sull’armadietto il cartello “sono un assenteista” come in un film di Fantozzi e chiuderla lì, anche perché Djorkaeff potrebbe sempre contestare l’ammissibilità della prova televisiva.
In ogni caso, Youri, se possiamo darle un consiglio, la prossima volta si prenda un biglietto in curva.