Quattrocento metri, circa un quarto di miglio, un giro di pista. E’ questa la distanza di una delle più belle, classiche ed emozionanti gare dell’atletica leggera. Il corpo umano è concepito per fare sforzi brevi e intensi, di pochi secondi, come i cento metri. Oppure per fare sforzi prolungati, di alcuni minuti, come nel mezzofondo, o di qualche ora, come nella maratona o nel ciclismo. Nel mezzo, in quel minuto che intercorre tra la fine delle energie pronte subito e l’attivarsi del motore aerobico della respirazione, c’è un inferno di apnea e di acido lattico, l’inferno dei quattrocento metri piani.
Correre il quarto di miglio significa correre quattro volte i cento metri, di seguito, senza fermarsi. Sembra un’annotazione ovvia: il tutto è la somma delle parti. Ma la distanza di una corsa va pensata, scandita, macinata con la testa prima ancora che con le gambe. C’è la partenza, i primi cento metri, in curva: partire bene, non lasciarsi staccare. Poi viene il primo rettilineo: distendersi, valutare la posizione propria e degli avversari, adeguarsi. La seconda curva: non irrigidirsi, con il corpo che comincia a mandare i primi segnali di fatica, non ascoltare. E poi il rettilineo finale. E’ qui che inizia davvero la corsa. Il corpo non ne può più, a ogni passo sembra di prendere uno schiaffo che ti sbatte indietro, avanzare è puro masochismo. Ma è proprio in quel momento che si trovano le energie residue, in testa e, miracolosamente, nelle gambe. A volte. Altre volte no. La via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni e di campioni dei trecentocinquanta metri. Corpi che si inarcano, rigidi, all’indietro. Gambe che si trascinano e inciampano. Polmoni che bruciano. E avversari che rimontano e passano avanti. Prima uno, poi due, poi tre. E’ una maratona distillata in circa quarantacinque secondi.
Venerdì scorso allo stadio Olimpico, in una calda serata estiva, Jeremy Wariner ha mostrato come si corre un giro di pista perfetto. Texano di ventidue anni, già campione olimpico in carica, Wariner è sceso in pista per il Golden gala da favorito, assieme a Xavier Carter. Tre giorni prima Carter aveva corso e vinto a Losanna la distanza più breve, i duecento metri, con un sensazionale 19.63. Seconda miglior prestazione di sempre, dopo il record del mondo stabilito dieci anni fa da Michael Johnson. Wariner è partito in corsia tre, una delle più interne, scandendo il suo giro con un equilibrio e una precisione strabiliante. Al rettilineo finale, mentre Carter annaspava pagando l’exploit di Losanna, si è disteso come se avesse appena iniziato a correre. Quando ha tagliato il traguardo il cronometro segnava 43.63 secondi. La quarta prestazione di sempre sulla distanza. Sotto i quarantaquattro secondi, la soglia che separa gli alieni dai terrestri. Carter è arrivato oltre un secondo dopo, primo dei terrestri. L’obiettivo dichiarato di Wariner è battere il record del mondo, 43.18, stabilito da Michael Johnson sette anni fa a Siviglia. Mancano poco più di quaranta centesimi. E a ventidue anni, tutto il tempo del mondo per migliorarsi. Al traguardo Wariner non sembrava nemmeno stanco.