Tra i più duri oppositori delle scalate di Fiorani ad Antonveneta e soprattutto di Unipol a Bnl nel 2005, Franco Bassanini caldeggia ora una possibile fusione tra Monte dei Paschi e Antonveneta (passata nel frattempo, come è noto, agli olandesi di Abn Amro). Il perché lo spiega in un’intervista all’Espresso: perché Mps con Abn e Antonveneta diventerebbe “un grande player europeo”. Ma prima di diffondersi sui vantaggi che i senesi trarrebbero dall’aggregazione, Bassanini fa una premessa che merita di essere incorniciata: “Sono contento che le prime tre banche italiane non siano finite in mani straniere. Se il settore del credito fosse stato colonizzato come la chimica e l’elettronica, dove una volta eravamo forti, se non ci fossero stati banchieri come Alessandro Profumo e Corrado Passera, mi chiedo chi si sarebbe accorto che la Fiat si poteva ancora salvare”.
E così noi, anche per Bassanini, torniamo a domandarci quello che da mesi ci domandiamo a proposito di tanti altri illustri politici e commentatori: dove è finito lo sdegno per l’impropria commistione tra politica e affari, per il triste spettacolo offerto da politici che giocano a fare i banchieri, per l’assurda e anacronistica difesa del principio di “italianità delle banche”? Ma soprattutto, rileggendo le affermazioni di Bassanini, quello che continuiamo a non capire è come mai la passione di tanti audaci salvatori della patria si risvegli solo quando si tratta di salvare la Fiat.