Il mondo è pieno di persone di spirito, e di molto spirito, che giudicano sempre; sempre indovinano, perché indovinare significa appunto giudicare senza rendersi conto di possedere un adeguato motivo di giudizio. Ignorano i limiti dello spirito umano; credono che esso possa conoscere tutto: perciò provano vergogna se non trinciano giudizi, e immaginano che l’intelligenza stia tutta nel giudicare. Il filosofo pensa che stia nel ben giudicare; è più contento di sé se sospende la propria facoltà di giudizio, che non se decidesse prima di essersi ben reso conto del motivo che lo ha indotto a decidersi. Perciò giudica e parla meno, ma giudica con maggior sicurezza e parla meglio; non evita i vivaci motti di spirito che si presentano spontaneamente alla mente grazie a un’improvvisa associazione di idee, che spesso è sorprendente vedere congiunte. In tale improvvisa associazione consiste ciò che si definisce correntemente “spirito”; che è anche ciò che egli ricerca di meno, giacché preferisce ai motti brillanti la cura di ben distinguere le idee, di conoscerne la giusta estensione e l’esatta connessione, e di evitare di prendere abbagli insistendo eccessivamente su qualche rapporto peculiare che le idee hanno tra di loro. In tale discernimento consiste ciò che si chiama giudizio ed equilibrio mentale: a tale equilibrio si aggiungono inoltre la duttilità e la nettezza. Il filosofo non è mai tanto affezionato a un sistema, da non essere sensibile alla forza delle obiezioni. La maggior parte degli uomini sono così radicati nelle proprie opinioni, che non si danno neppure la pena di interpretare quelle altrui. Il filosofo comprende le opinioni che respinge, con la stessa larghezza e precisione con cui comprende quelle che adotta.
(Voce Philosophe dell’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert)
a cura di Massimo Adinolfi