La notte degli Oscar è un rito collettivo. Necessita di una rete di commentatori insonni per pettegolezzi a caldo e della definizione di un programma mangereccio che non richieda partecipazione attiva. Un po’ come la finale di Sanremo, per capirsi, ma con meno vergogna: siamo ragazze di provincia, si sa, pensiamo sempre all’America. E poi quest’anno Pippo Baudo dovrà fare del proprio meglio per regalarci momenti di così profondo imbarazzo. Ellen DeGeneres – l’officiante nota per prediligere calzoni khaki su scarpe da tennis – aveva promesso che, per l’occasione, si sarebbe vestita a modino. Che nel suo mondo, evidentemente, si traduce in: metà cameriere, metà Sonny Crockett di Miami Vice. Mi viene da pensare che non le abbiano ben spiegato l’occasione. Come in un appuntamento al buio iniziato male, ho provato a consolarmi: almeno sarà simpatica. Poi lei ha tirato fuori un tamburello e io ho rimandato all’anno prossimo i complimenti per la trasmissione. Bando alle frivolezze: cerchiamo di portare a casa il risultato. Doveva essere un Oscar nero, per cominciare. Beyoncé sul tappeto rosso si diceva contenta di essere un’attrice afroamericana in gara nel 2007. Spero si sia molto divertita, purtroppo non ha vinto nulla. E nemmeno Eddie Murphy che, sempre per Dreamgirls, era l’annunciato Miglior attore non protagonista. Entrambi hanno finto commozione di categoria quando Jennifer Hudson ha invece – lei sì – concretizzato in a supporting role_. Ma nessuno è stato così sinceramente solidale da costringerla a cambiarsi d’abito, e la sventurata è andata a ritirare il premio della vita mascherata da Ferrero Rocher. Sponsor ufficiale, vista anche la stazza. Tra le attrici protagoniste, invece, ha vinto una signora molto magra. Si chiama Helen Mirren, era The Queen ma soprattutto è – a furor di popolo – la donna anziana più sexy del mondo (da cui si evince che ne esistano delle altre). Sessantuno anni, moderatamente scollata, moderatamente capace di simulare un brivido di sorpresa. Un momento di preziosa vitalità in confronto al mosciume della serata. Forest Whitaker, Miglior Attore per L’ultimo re di Scozia, si prende talmente sul serio che agli altri nominati vengono le lacrime agli occhi; Ennio Morricone, premiato alla carriera, sembra annoiarsi pure del suo momento di gloria. E con Céline Dion e Clint Eastwood a rendergli omaggio, in verità, il pover’uomo ne avrebbe qualche buona ragione. Per fortuna c’è la signora Morricone che presenzia in serena sobrietà, tutta compresa nel ruolo e in un vestitello buono che potrebbe averle prestato la Signora Franca. Albeggia, qui in provincia. La rete pettegola vacilla. Ma il colpo di scena premia solo i coraggiosi che con sprezzo del ridicolo (e gran nostalgia di Billy Crystal) arrivano fino alla fine. Quando, dopo ventisei anni di promesse da marinaio, l’Academy si degna di proclamare Martin Scorsese Miglior Regista. “Potete ricontrollare la busta?” – fa lo spiritoso lui, ma poi gongola eccome. E prende tutto il pacchetto: The Departed è Miglior sceneggiatura non originale e soprattutto Miglior film – annuncia Jack Nicholson tutto tondo e pelato. La verità è che, anche quest’anno, siamo arrivate fino a qui solo per lui. Lui che, così conciato, sembra molto cattivo e pure un po’ anzianotto. Ma resta l’anzianotto cattivo più sexy del mondo.