Non so suonare molto bene, così devo compensare in altri modi. So scrivere canzoni ma devo trovare altri modi per comunicare perché non sono un virtuoso. Quindi, butto giù qualche gag che uso per creare un’atmosfera familiare. Non posso raccontare barzellette… dimentico sempre la fine” (intervista a www.bbc.uk.co). Gruff Rhys, classe 1970, è nato nel Galles ed è il leader dei Super Furry Animals.
Avendo manifestato per la prima volta, alla verde età di cinque anni, un particolare talento musicale grazie a una breve composizione su un macchinista che contempla la propria morte, le alternative possono essere soltanto due: o si è molto seri e ci si decide all’opera classica (in alternativa, al black metal); o si ha un fertile e personale senso dell’umorismo e la musica rock, nel suo complesso, appare come un verde pascolo da percorrere liberamente, senza limiti che non siano quelli della propria, lunare, visione.
I Super Furry Animals sono il classico gruppo che non lascia via di mezzo: li si può adorare oppure trovare oltre modo irritanti; li si può giudicare originali e ricchi d’inventiva oppure abili riciclatori di sonorità altrui; in ogni caso, non gli si possono opporre rilievi formali. Gruff Rhys sa scrivere le canzoni e confezionarle. Prova ulteriore ne è proprio “Candylion” (Gennaio ’07), secondo lavoro solista dopo “Yr Atal Genhedlaeth”, opera del 2005 interamente cantata nel natìo idioma gallese: abbandonata in larga parte la filologia grammaticale, Gruff si dedica a quella musicale concentrandosi su una psichedelia soft con solide radici negli anni Ottanta. Le dodici canzoni di “Candylion” si muovono tra XTC (in versione Dukes Of Stratospheare, la loro side-band), Robin Hitchcock and The Egyptians (soprattutto) e i Bevis Frond meno ortodossi; il risultato è una gradevole filastrocca di dolci armonie appena corrette da un retrogusto asprigno. Il prologo di “This Is Just The Beginning” lancia la title-track, molto probabile hit con il suo ritornello assolutamente immediato e orecchiabile; un brano molto ben scritto ed eseguito, talmente riuscito da condizionare i rimanenti dieci. Infatti, da “The Court Of King Arthur” alla conclusiva “Skylon!”, Rhys ripete lo schema senza diventare monotono ma senza colpi d’ala risolutivi. Il cd scorre veloce senza intasare le orecchie dell’ascoltatore, lanciando qua e là rimandi al progressive, al rock, persino al country e alla musica latina, con pignoleria da entomologo più che da appassionato; sicché, alla fine, pur grati per la fotografia d’epoca, non si può fare a meno di domandare il senso dell’intera operazione: Rhys non è un nostalgico e se la cava con i giochi di parole, tuttavia non possiede la dirompente demenzialità slapstick di Frank Zappa (o il suo fluviale talento chitarristico) né il coinvolgimento romantico di Robin Hitchcock; la bravura nel ricreare un certo tipo di suono rimane fine a se stessa, privando “Candylion” della spinta necessaria al decollo. Alla fine, pregi e difetti si scoprono essere gli stessi di un qualsiasi album dei SFA – il prossimo è annunciato per l’estate – con l’aggiunta di un tasso di leziosità sonora eccessivo. L’equivalente, se possibile, di una merendina light con gli ingredienti giusti e zero grassi. Buona, ma l’appetito rimane.