cosa dicevamo

Il talento di Mr. Woodcock

In questo paese nessuno fa mai il proprio lavoro. I settimanali non pubblicano le foto di cui sono in possesso. I fotografi non fanno (veri) scoop. I giornalisti si guardano bene dal prendere iniziative, tanto intercettazioni e indiscrezioni arrivano ogni mattina in redazione, gentilmente confezionati in pacchetto regalo. I produttori si fanno passare i nomi delle soubrette da piazzare nei loro programmi dai Lele Mora di turno, e soprattutto da Lele Mora in persona. I politici si preoccupano dell’uso improprio delle intercettazioni solo quando il problema li tocca da vicino (e anche allora diciamo che ci mettono un po’ a recepire, e diciamo pure che ci mettono il tempo necessario a farsi venire il dubbio che prima o poi si potrebbe arrivare anche a loro). Insomma, nessuno si prende mai il disturbo di fare seriamente ciò per cui viene pagato. Nessuno tranne il pm Woodcock, naturalmente. Non che poi anche lui faccia proprio il suo lavoro in senso stretto, in compenso però fa quello di tutti gli altri. E quasi ci verrebbe da dire che sia un talento sprecato, ma bisogna ammettere che anche dal suo piccolo avamposto di Potenza se la sta cavando piuttosto bene.
Ma è stato solo quando ha chiesto a Simona Ventura “le risulta in qualche modo che la Parodi avesse un amante?” che abbiamo capito che era l’uomo di cui avevamo bisogno. Perché di certo non devono essergli sfuggite tutte le prodigiose implicazioni che una simile domanda avrebbe comportato, e dunque – siccome è l’uomo di cui avevamo bisogno – l’ha lasciata cadere lì, sapendo che un giorno non lontano sarebbe arrivata a noi, con tutto il suo meraviglioso simbolismo.
Quelli che criticano i suoi metodi, le sue inchieste spettacolari, i suoi arresti notturni, evidentemente non capiscono. Non hanno letto per bene gli interrogatori. Si sono soffermati troppo a lungo sulle inutili foto di Sircana. Non hanno ancora compreso che quel che sta accadendo non è la banale realtà quotidiana. E’ purissima fiction. Henry J. Woodcock è il Perry Mason della moralità. E’ il dottor Kildare della giustizia. La sua non è fredda professionalità, distaccato senso del dovere, la sua è un’appassionata missione sociale. Lui non investiga, scrive sceneggiature per la prima serata di Canale5. Sceneggiature di cui – va da sé – è l’indiscusso protagonista (d’altra parte vorremo pur concedere a quest’uomo, che ha così duramente lavorato per la comunità, qualche piccola gratificazione). Per averne la certezza basta leggere l’interrogatorio in cui la Moric disperata chiede spiegazioni sul marito, e lui teneramente risponde: “Ma guardi, io prima ancora di fare il magistrato e loro, prima ancora di fare i poliziotti, siamo esseri umani. Quindi posso capire la situazione di ansia, di angoscia, preoccupazione (…) ma non è che lei può pretendere che l’autorità giudiziaria soddisfi, tra virgolette, queste sue curiosità”. La sua non è solo innata compassione verso la triste condizione umana. La sua è raffinatissima tecnica interpretativa, studiato tempismo. Uno dopo l’altro li interroga, li mette a loro agio, li rassicura sul fatto che si possano confidare (non solo perché lui è prima di tutto un essere umano, ma perché – come noto – gli interrogatori sono segretati) e infine li fa parlare. Come noto, gli interrogatori di chiunque si presenti davanti alla procura di Potenza sono agevolmente disponibili su ogni organo di stampa nel giro di poche settimane. A questo punto, quindi, non c’è alcun dubbio sul fatto che ognuno degli interpellati sappia perfettamente quale sia il proprio ruolo nella vicenda, e che sia un ruolo da protagonista. Perché Woodcock non si accontenta del dettaglio scabroso, della vaga insinuazione, quella al massimo può essere buona per Novella 2000. Lui sa bene cosa vogliono i suoi piccoli lettori e non si fa scrupolo di chiedere direttamente. Roba, per intenderci, che nessuno ha mai il coraggio di chiedere davvero, neanche nelle interviste meno compiacenti. Storie che dalle nostre parti siamo destinati a vedere al massimo in sceneggiature ben confezionate, e spesso di importazione. Personaggi che fanno concorrenza a quelli di Grey’s Anatomy: un posto in cui per lavorare, come minimo, devi essere andato a letto con metà del personale.
Non c’è da stupirsi, quindi, se l’inchiesta ha avuto un tale impatto sull’opinione pubblica. Non è solo l’oggetto del contendere che si presta a un simile clamore, è anche e soprattutto merito della mano che sapientemente l’ha guidata, quell’inchiesta, giorno dopo giorno. Di conseguenza, i bravi commentatori dovrebbero smetterla di lamentare la scarsa rilevanza penale della faccenda o il fatto che altre inchieste non abbiano avuto la stessa risonanza sulla stampa. Solo anime benpensanti e poco allenate alla dura legge dello spettacolo potrebbero pensare che tutto questo sia riconducibile alle abili manovre di una regia occulta. La verità è che non è colpa della stampa e nemmeno dell’opinione pubblica, semmai degli altri magistrati, che sono chiaramente inadeguati. E anche lì, poi, non sarebbe difficile capire che c’è qualcosa che non funziona, se con tutto quello che sta accadendo sul caso Telecom, tra Sismi, arresti e commercio di tabulati telefonici, non abbiamo ancora neanche uno straccio di intercettazione di Afef.