Il pensare agli accadimenti futuri è l’unico modo in cui possiamo giudicare del presente: è questo l’unico modo di valutare il suo significato. Senza una siffatta proiezione non ci potrebbero essere progetti né piani per governare le energie presenti, per superare i presenti ostacoli […].
La dominante preoccupazione intellettuale del futuro è il modo mediante il quale si raggiunge l’efficienza nel trattare il presente. È un mezzo, non un fine. E, anche nella più rosea delle prospettive, lo studio e il progettare sono più importanti per il significato, cioè per l’arricchimento di contenuto che essi conferiscono all’attività presente, di quanto non lo sia l’accrescimento del controllo che essi effettuano […]. Il futuro che si prevede è un futuro che una volta o l’altra è destinato a divenire presente. Anche il valore di quel presente deve essere posposto a un tempo futuro, e così via indefinitamente? O invece, se il bene che ci sforziamo di raggiungere nel futuro è tale da potersi realizzare effettivamente quando quel futuro diverrà presente, perché il bene di questo presente non dovrebbe essere ugualmente prezioso? E, ancora, esiste qualche altro modo di modificare il futuro se non quello di mirare alle piene possibilità del presente?
(John Dewey, Natura e condotta dell’uomo)
a cura di Massimo Adinolfi