Caro Direttore – in verità non ne abbiamo, ma è un inizio così asciutto e maestoso che non potevamo resistere alla tentazione di scrivere a noi stessi – Nicola Rossi, in una lunga epistola al Corriere della sera, si scaglia contro Enrico Letta, reo di aver difeso “la garanzia (contenuta nell’accordo tra governo e sindacati) che i giovani di oggi non avranno dal 2031 una pensione inferiore al 60% del loro stipendio”. Se Letta divenisse segretario del Pd, incalza Rossi, spingerebbe dunque per tornare al sistema in vigore fino al ’95. Ma allora non basta “sorridere all’idea del candidato dei quarantenni che ci riporta alla bonanza previdenziale degli anni settanta e ottanta”, occorre contrapporgli una visione in cui “ognuno è padrone del proprio futuro e il compito della politica è quello di aiutarlo ad esserlo (sic)”. Parole nette, che impongono altrettanto nette domande: questo vuol dire che se segretario del Pd sarà Walter Veltroni, questi darà disdetta dell’accordo tra governo e sindacati? Abbiamo capito male noi o ha capito male Rossi? Ed è troppo porsi l’obiettivo di far avere a quei giovani il 60% dell’ultimo stipendio? E se “questa discussione è la premessa logica di quella relativa alle future alleanze del Pd”, come chiosa Rossi, dobbiamo pensare che secondo lui, se vince Veltroni, si va a un cambio di alleanze? Quale tempistica state studiando, amici professori? Ma soprattutto, a Veltroni lo avete detto?