Nulla come l’antica infatuazione della destra italiana per slogan come “tolleranza zero” (intesa come tolleranza verso il crimine, lo sappiamo) mostra meglio l’inconsistenza, in politica, di qualsiasi dibattito sui valori. Attendiamo con ansia dall’America, per il sicuro tripudio di tanti fieri difensori delle nostre radici cristiane, freschi slogan di nuovo conio come “compassione zero” e “pietà zero”, quest’ultimo magari nella più elegante traduzione di “nessuna pietà” (sempre verso il crimine, si capisce). Nel frattempo, però, a lenire la nostra angoscia e l’horror vacui del nostro dibattito pubblico ha pensato il ministro dell’Interno, che ha già annunciato la sua personale operazione carità zero. Ci stupisce solo che un uomo tanto attento alla comunicazione come Giuliano Amato non abbia pensato da solo a chiamarla così, che obiettivamente suona assai meglio di “questua molesta”, come invece l’hanno chiamata i giornali. E’ vero che in tutta l’opera di Lenin – preveniamo l’obiezione del sindaco Domenici – di “carità zero” non si trova traccia. Ma è anche vero che Lenin mai ebbe a confrontarsi con i difficili problemi sociali fiorentini, rappresentati da lavavetri e mendicanti di ogni genere. E probabilmente è proprio per questo che a lui, per fare la rivoluzione, nemmeno venne in mente di cominciare da lì.