Il tesoriere del Pd, Mauro Agostini, ha finalmente preso carta, penna e coraggio in mano per chiedere al tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, alcuni chiarimenti in materia di soldi. Non è chiaro per quale ragione Agostini abbia inviato la sua lettera, invece che a Sposetti, al Corriere della sera. Né si capisce bene con chi ce l’abbia, visto che la scelta di conferire gli immobili di proprietà dei Ds ad alcune fondazioni – così da provvedere in tempi ragionevoli all’estinzione dei debiti del disciolto partito – non è stata un’oscura manovra di Sposetti, ma una decisione degli stessi Ds. E non si ricordano obiezioni da parte di alcuno, allora. Ma soprattutto stupisce l’improvvisa passione per gli immobili in chi – e non ci riferiamo certo al volenteroso Agostini – fino a ieri parlava di partito all’americana, senza tessere, senza correnti e senza (regolari) congressi. Tutte legittime posizioni politiche, ci mancherebbe. Sgradevole è solo l’impressione che alcuni vogliano unire al dilettevole partito liquido (cioè senza contrappesi al potere del leader e del suo staff) gli utili di quei solidissimi beni patrimoniali, frutto del lavoro di centinaia di migliaia di militanti, patrimonio di quella loro libera associazione chiamata Ds. Liquidare i militanti per appropriarsi dei loro liquidi si direbbe un modello, più che americano, un tantino sudamericano.