[articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi*]
La crisi finanziaria galoppa negli Stati Uniti e si propaga nel resto del mondo. E’ esplosa con i mutui subprime, cioè mutui immobiliari concessi di fatto senza garanzie e sui quali poi si sono innescate operazioni speculative con strumenti finanziari derivati, e più recentemente ha invaso i settori delle materie prime a cominciare dal petrolio. Poche settimana fa il governatore della Federal Reserve Ben Bernanke aveva avvisato che “qualche banca fallirà”. La Citigroup, la prima banca americana, per esempio, era entrata in fibrillazione perdendo in una sola giornata ben oltre l’8 per cento; dallo scorso agosto Wall Street ha cancellato il 64 per cento del suo valore azionario.
Dopo giorni di quasi panico bancario la Fed ha immesso 200 miliardi di dollari di nuova liquidità nella forma di Buoni del Tesoro che le banche hanno ottenuto contro titoli finanziari e speculativi di dubbio valore. Aveva inoltre ridotto i tassi di interesse e altri ribassi sono in programma.
Ma il semplice allentamento dei freni sulla circolazione monetaria non può risolvere un problema strutturale di un sistema finanziario e monetario internazionale che la globalizzazione ha lasciato senza controlli e senza regole. Al contrario, questa nuova liquidità che sembra dare un attimo di respiro alle borse e alle banche in crisi, di fatto andrà ad alimentare i circuiti finanziari e speculativi. Gli organismi monetari internazionali e i governi non possono stare a guardare come hanno fatto fino a oggi.
La mancanza di regole certe ha consegnato il sistema finanziario e l’intera economia nelle mani della speculazione, in particolare quella in strumenti derivati. Nostri studi fatti sulla base di dati forniti dalla Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea e dall’agenzia americana di monitoraggio monetario, Comptroller of the Currency, indicano che il valore nozionale dei derivati finanziari, futures, swaps, options, primariamente quelli cosiddetti Over the Counter (Otc) gestiti fuori bilancio, era passato da 220.000 miliardi di dollari del giugno 2004 a circa 516.000 miliardi del giugno 2007. Una bolla dieci volte il pil mondiale. E negli ultimi mesi i derivati hanno registrato una accelerazione spaventosa.
Dovrebbe essere chiaro che se l’economia americana è in recessione e quella mondiale ristagna da tempo, la speculazione non può crescere a un tasso del 20-25 per cento senza poi produrre effetti devastanti sull’intero sistema economico. Anche la recente esplosione del prezzo del petrolio è l’effetto di queste speculazioni, come ha ammonito anche il presidente della Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. E’ l’effetto di quello che noi in passato abbiamo chiamato i “barili di carta”. Cioè per ogni barile reale di petrolio prodotto, sulle borse dell’oro nero, la Nymex di New York e l’Ipe di Londra, vengono stipulati contratti a termine, “futures”, sui “barili di carta” (o virtuali) per centinaia di volte, facendo impennare in situazioni di iperattività speculativa anche i prezzi reali. A cascata, questi sviluppi finanziari e speculativi incidono sull’aumento di tutti i prezzi provocando sconquassi nel sistema produttivo e pesanti salassi nei livelli di vita dei lavoratori e dell’intera cittadinanza.
Recentemente anche l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti, in un suo libro e in altre dichiarazioni, ha messo in guardia sui pericoli insiti in questa deriva speculativa e nella disgregazione di un sistema senza più regole, invocando una nuova Bretton Woods, cioè una nuova architettura finanziaria mondiale, come si fece nel 1944 per ricostruire un’economia mondiale distrutta dalla guerra. E’ un contributo utile, anche se poi Tremonti lo svilisce con attacchi elettorali e gratuiti contro Romano Prodi e con altre proposte economiche, dazi e simili, provinciali e fuorvianti. Invece, già il 7 aprile del 1998, l’allora presidente del Consiglio Prodi, in visita in Argentina, sostenne al riguardo in una conferenza stampa: “Sono personalmente convinto che si debba andare verso una nuova Bretton Woods”.
La crisi è troppo seria perché diventi essa stessa pretesto per polemiche elettorali. Richiede invece un senso dello stato e una responsabilità negli affari nazionali e internazionali intorno a cui lavorare per trovare delle risposte urgenti e competenti. Alla Camera, il 6 aprile 2005, era già stata votata a maggioranza assoluta e con l’appoggio di entrambi gli schieramenti una nostra mozione (Lettieri e altri 1-00320) in cui, partendo dalla constatazione dell’aggravarsi della crisi finanziaria, si chiedeva al governo e alle altre istituzioni competenti di attivarsi nel contesto europeo e internazionale per collaborare alla creazione di una architettura finanziaria capace di promuovere, con regole e indirizzi adeguati, lo sviluppo produttivo e la stabilità nei commerci, per realizzare cioè una nuova Bretton Woods.
- Mario Lettieri è sottosegretario del ministero delle Finanze – Paolo Raimondi, economista, è presidente dell’Associazione “Diritti Civili – Nuova Frontiera”