In Germania la crisi dei socialdemocratici è tema di dibattito quotidiano. Da quando, dopo il voto in Assia, il loro leader Kurt Beck ha autorizzato l’Spd a stringere accordi con la Linke (la sinistra radicale) anche nei Länder dell’ovest – una mossa che in campagna elettorale aveva esplicitamente escluso – l’Spd continua a perdere consensi. Di conseguenza, le chance di sfidare Angela Merkel alle elezioni politiche del 2009, per Beck, si affievoliscono in modo preoccupante. Ma tutti si affannano così testardamente attorno alla malconcia Spd, tutti sono così impegnati ad analizzare quanto la Linke l’abbia danneggiata, spostando a sinistra la politica tedesca (compresa quella della Merkel), da registrare solo marginalmente, quando va bene, un altro effetto da ascrivere alla discesa in campo della Linke. E cioè la crisi dell’estrema destra.
Quando, alle elezioni regionali del 2004, la Npd si aggiudicò il 5,9 per cento in Sassonia e la Dvu il 6,1 a Brema, entrando così per la prima volta nei rispettivi Landtage (parlamenti regionali), non solo la Germania, ma l’intero occidente si allarmò per il rischio di una deriva del paese verso l’estrema destra. Prima ancora, nel 2001, c’era già stato ad Amburgo il caso di Ronald Schill, una sorta di Pim Fortyun tedesco che nel 2000 aveva fondato il partito “Offensiva per uno stato di diritto”, formazione politica di stampo law&order. E solo un anno dopo Schill conquistava quasi il 20 per cento dei voti, diventando ministro degli Interni del Senato di Amburgo. Ma la cometa Schill, così com’era apparsa, è scomparsa. Più preoccupante, invece, si è dimostrato il fenomeno della destra radicale, caratterizzato dal razzismo e dall’indottrinamento nazional-populista, perché radicato nel terreno fertile di una popolazione delusa dalla riunificazione, tradottasi per molti nella perdita delle vecchie certezze assicurate dal regime socialista, senza mai godere in cambio delle opportunità del capitalismo. Con il problema enorme di cinque milioni di disoccupati, si temeva allora che prima o poi anche i tedeschi occidentali avrebbero dato sfogo al loro malcontento, votando per protesta gli ultranazionalisti. Le recenti elezioni regionali, però, hanno avuto esiti del tutto diversi.
Ad Amburgo la Dvu ha ottenuto lo 0,8 per cento, risultato che non le permetterà nemmeno di avere i finanziamenti statali (per questi ci vuole almeno l’1 per cento dei voti). In Bassa Sassonia e in Assia l’Npd si è attestata, rispettivamente, all’1,5 e allo 0,9 per cento. Nessun seggio nei parlamenti regionali. In compenso, a entrarci è stata la Linke, il partito guidato da Oskar Lafontaine e Lothar Bisky, elezione dopo elezione. In Assia con il 5,1 per cento, in Bassa Sassonia con il 7,1 e ad Amburgo con il 6,4 (lasciando invece fuori i liberali, al 4,7). Un risultato storico.
Finché la sinistra radicale si è mossa sotto la sigla Pds è sempre stata liquidata come l’erede del partito unico della Germania Democratica – la Sed – e nei “vecchi Länder”, cioè nelle regioni dell’ex Repubblica Federale, non era mai riuscita a prendere piede, mentre otteneva buoni risultati all’est. Tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005, però, l’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, a capo di un governo di coalizione con i Verdi, varava una delle riforme più dolorose per il paese, quella riguardante l’assistenza sociale e i sussidi di disoccupazione, decurtandoli drasticamente. Per protesta contro questi provvedimenti alcuni sindacalisti lasciarono l’Spd e fondarono il movimento Wasg, cui si sarebbe unito poco dopo anche l’ex leader dei socialdemocratici Lafontaine. La mossa successiva della Wasg – vincente, come ora si vede – era stata l’apparentamento alle politiche del 2005 con la lista della Pds, conquistando in un solo colpo l’8,7 per cento. Ancora nel 2002 gli ex comunisti non erano riusciti a superare il 5 per cento e mandavano in parlamento solo due deputati eletti con mandato diretto. Nel maggio scorso Wasg e Pds si sono fuse per costituire la Linke.
A rendersi conto per primi della débâcle dell’estrema destra non sono stati però i politologi; bensì, curiosamente, proprio i militanti dell’Npd. Nel diario online del partito si legge: “Nonostante tutti gli sforzi e le battaglie contro la sinistra e la campagna sionista dei mass media, sembra che per il momento la Germania occidentale debba essere data per persa”. Per questo la destra radicale ha deciso di concentrarsi, alle prossime comunali, sui Länder dell’est. Le prime elezioni saranno nel Brandeburgo il 28 settembre prossimo. Poi, nella primavera del 2009, in Turingia e Sachsen-Anhalt. Banchi di prova importanti, certo. Intanto, però, alla Linke è riuscita l’impresa non da poco di diventare a livello nazionale il partito della protesta sociale, spingendo ai margini la destra ultranazionalista. Forse, più che le richieste di Beck, che vorrebbe si dichiarasse incostituzionale l’Npd, potranno le urne.